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Direttore Egizio, cultura colonna spinale Italia

Felice, emozionato e determinato a far capire come “la cultura non debba essere considerata marginale ma come la colonna spinale del nostro Paese”. E’ il pensiero di Christian Greco, direttore del museo Egizio di Torino, una delle punte di diamante del sistema museale italiano, invitato dal ministro Dario Franceschini a partecipare e parlare alla grande apertura del G20 della Cultura che si terrà tra poche ore in un luogo evocativo come l’arena del Colosseo alla presenza dei ministri delle venti maggiori economie mondiali e quasi 40 delegazioni.
    “Sono convinto che la cultura possa essere l’enciclopedia materiale della nostra società” dice Greco all’ANSA ribadendo che solo “grazie alla memoria del passato possiamo orientare il passo nel presente e soprattutto guardare al futuro”. E ammette: “Sento molto la responsabilità e sono onorato di avere la possibilità di parlare al mondo da un luogo molto evocativo e di cercare in pochi minuti di far capire come soprattutto in questa ripartenza post pandemica la cultura non deve più essere più considerata accessoria ma fondamentale all’interno della società”.
    In un periodo non più di rivoluzione ma di transizione digitale, secondo il direttore, il Paese deve lanciare “un nuovo umanesimo digitale”. “Deve essere un tempo – spiega – in cui storici, architetti filosofi, neuroscienziati, psicologi possano lavorare fianco a fianco con chimici, fisici, esperti informatici perché si possa arrivare alla definizione di una nuova semantica per capire ed elaborare la complessità della realtà. I luoghi della cultura ci insegnano proprio questo: non ci sono risposte definitive e semplici a fenomeni complessi. In questo momento pandemico abbiamo vissuto tutto questo. E’ un po’ quello che chiamo il ‘metodo museale’: una disamina scrupolosa degli avvenimenti per sapere comprendere il presente e programmare l’innovazione”.
    E per l’Italia in particolare Greco dice: “Potrebbe diventare il paese della paideia, dell’educazione globale, grazie a questo patrimonio culturale diffuso su tutto il paese basandosi sull’umanesimo digitale possiamo ricostruire i contesti e i disiecta membra, possiamo mettere in dialogo gli oggetti con la collettività in cui sono inseriti e riportare all’interno dei luoghi della cultura il paesaggio. Tutto questo può permettere lo sviluppo della creatività e dell’innovazione”. Greco parla proprio di rovesciare completamente la prospettiva: “La frequentazione assidua, e non sporadica, dei luoghi della cultura è ciò di cui abbiamo bisogno per fare una formazione vera delle nuove generazioni. Questo ci permetterà – rileva – anche di sviluppare progetti di ricerca che ci consentano di comprendere lo sviluppo diacronico dei momenti della società”.
    Ma dai luoghi della cultura si possono comprendere anche i rapporti tra l’uomo e l’ambiente: “Ci possono aiutare – aggiunge – a leggere il paesaggio e trovare soluzione che ne permetta la cura e la preservazione”. I musei, secondo Greco, devono diventare necessariamente anche luoghi di inclusione, di creazione di cittadinanza, di dialogo e confronto. “L’articolo 27 della Dichiarazione dei diritti umani dell’Onu del 1948 – ricorda – mette la Cultura al centro per lo sviluppo di una società più armonica”. Greco tiene poi a chiarire che nel suo discorso non farà nessun accenno al turismo. “Quello, infatti, è un valore aggiunto. Si è molto parlato – dice – di come la crisi della cultura fosse una crisi del turismo ma non ci siamo resi conto di come con il Covid ci sia stata una cesura tra noi e i luoghi della cultura di cui ci dobbiamo riappropriare subito.
    Non solo per la gita domenicale ma perché sono la nostra memoria e non possiamo vivere senza la memoria delle generazioni che ci hanno preceduto “. Infine Greco racconta come il museo Egizio sia sempre in continuo sviluppo e fermento: “Abbiamo aperto una nuova sala che si chiama “Alla ricerca della vita”, che illustra un po’ quello che io vorrei fosse il museo del futuro ovvero un luogo che ricrea i contesti e mette le persone al centro. Abbiamo rovesciato la prospettiva: facendo una sala sulla mummificazione raccontiamo la vita ricostruendo la storia di 6 mummie che rappresentano 6 tappe delle fasi della vita. Abbiamo ricostruito la loro biografia, usiamo documenti per capire quali fossero i dati demografici in quel tempo in quel determinato posto, quale fosse l’aspettativa di vita e quale fosse la vita stessa.
    Abbiamo un papiro Michigan che ci dice quanto costava un libro o il cibo e quindi raccontiamo queste storie, anche in maniera innovativa, con delle vetrine e cristalli liquidi che si illuminano e usano delle modalità multimediali. Insomma un motivo per tronare presto al nostro museo e frequentarlo assiduamente”. (ANSA).
   

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