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Formazione, una questione nazionale

 MARCO DE NICOLO’. FORMAZIONE. UNA QUESTIONE NAZIONALE (Laterza, pag. 150, Euro 14,00).
    ”Abitano in case con pochi libri, non seguono ciò che avviene nel mondo né hanno cognizione della funzioni delle diverse istituzioni pubbliche, non hanno mai frequentato una biblioteca, non viaggiano, non hanno percezione della profondità temporale, conoscono in modo insufficiente l’italiano e non hanno alcuna competenza nelle lingue straniere, non avvertono l’emarginazione sociale perchè sono in tanti a condividerla e, anche a causa di queste premesse, quando si iscrivono all’università non dispongono delle competenze necessarie: sono i ragazzi italiani”. Li descrive così Marco De Nicolò, che insegna Storia contemporanea presso l’Università degli Studi di Cassino. Ma li descrive così anche il rapporto Istat di pochi giorni fa che boccia l’Italia per livello di istruzione: il 62,2% delle persone tra i 25 e i 64 anni nel nostro Paese ha almeno il diploma, nell’Ue il 78,7%, un dato che in alcuni tra i piu’ grandi paesi dell’Unione sale ancora: 86,6% in Germania, 80,4% in Francia e 81,1% nel Regno Unito. Solo Spagna, Malta e Portogallo hanno valori inferiori all’Italia. E nonostante il limitato numero di giovani laureati in Italia, le loro prospettive occupazionali sono piu’ deboli rispetto ai valori medi europei. Insomma un problema serio di formazione, non solo scolastica, che De Nicolò analizza nel suo ”Formazione. Una questione nazionale”, per altro uscito in piena pandemia. Quindi, dopo il lockdown, con un aggravio pensante dettato dalle condizioni imposte ai nostri studenti con la scuola ”da remoto”. Una diversità, aggravata appunto dall’emergenza coronavirus che non si è ancora conclusa, che segna il passo tra piccoli e grandi centri e tra nord e sud.
    ”Si riscontra una maggiore preparazione – spiega l’autore – negli studenti provenienti da centri medi o grandi”, come a dire che anche gli stimoli esterni non sono senza importanza.
    Una situazione che lui analizza nel dettaglio nei tre capitoli del libro, prima ”In soggettiva”, perchè a parlare è una persona che vive il tema quotidianamente e non lo studia soltanto; poi con una ”Rilevazione oggettiva”, e infine con una domanda che viene restituita alle istituzioni competenti: ”Socità e istituzioni di fronte al declino formativo”. Perchè non c’è dubbio che di declino si parla. ”Bisogna mettersi al lavoro con pazienza per ricollocare al loro posto i mattoni di un edificio distrutto dall’incompetenza, dall’improvvisazione e dalle mode; impegnarsi in una battaglia contro l’illusorietà di una formazione in rete. Servono parole per costruire ragionamenti”. (ANSA).
   

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