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Escono tutti i testi di Bernard-Marie Koltes

”È un teatro che disarma il teatro con la sua evidenza. È la nudità della parola. È l’incontro come un teorema. È la tenerezza a dispetto del buon senso. È una scrittura che fonda tutta un’arte, un mondo, e un uomo che la forgia e ci si scontra”, scrive Arnaud Maisetti nella sua appassionata introduzione a ”Teatro – Volume 1” (Arcadiateatro Libri, pp. 320 – 22,00 euro), il primo dei tre tomi in cui sarà raccolta l’opera teatrale completa di vari inediti del drammaturgo e regista francese Bernard-Marie Koltès, scomparso prematuramente nel 1989. Bernard-Marie Koltès, nato a Metz in Francia il 9 aprile 1948 da una famiglia della media borghesia, in poco più di vent’anni di attività scrive quindici opere teatrali dalla lucida, potente visionarietà, che finiscono per rivoluzionare il linguaggio drammaturgico.
    Il volume comprende cinque opere, oltre ad appunti dello stesso Koltès: Le amarezze (Les Amertumes, 1970), L’eredità (L’Héritage, 1972), Lotta di negro e cani (Combat de nègre et de chiens, 1982), Quai Ouest (1985) e Nella solitudine dei campi di cotone (Dans la solitude des champs de coton, 1987). ”La sfida del teatro diventa: abbandonare il palcoscenico per ritrovare la vita reale”, affermava lo stesso Koltes, e questa prima raccolta è il lucido manifesto di un drammaturgo unico nel suo genere che ha anticipato i tempi e che ha narrato la realtà così com’era, senza alibi o deformazioni. Le traduzioni sono di Anna Barbera, Francesco Bergamasco e Marco Calvani.
    Sono trascorsi trentun anni dalla morte di uno degli autori significativi del secondo Novecento, che ha rinnovato la scrittura teatrale attraverso un senso profondo della metafora e dell’allegoria, strutture drammatiche originali, universalità di temi mitici ma anche assolutamente attuali, puntando l’attenzione su una realtà ai margini con lo sguardo visionario di un poeta. Bernard-Marie Koltès, autore e regista ”follemente esigente, palesemente preciso, estremamente scarno nella forma, con la potente necessità di dire, con una poesia violenta, la rabbia di esistere”, conduce le situazioni al limite del paradosso, indaga tematiche come il razzismo, la violenza contro il diverso, l’emigrazione e riflette sull’oscurità che abita in ogni essere umano e sulle contraddizioni di una società iniqua.
    (ANSA).
   

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