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Vittorio Cecchi Gori tra inferno e paradiso in docu

Solo qualche giorno fa finalmente una vittoria per Vittorio Cecchi Gori, a cui sono stati riconosciuti negli Stati Uniti i diritti sulla sceneggiatura del film su Enzo Ferrari con regista Michael Mann. Una piccola soddisfazione per il produttore che durante la sua vita ha conosciuto prima il paradiso e poi solo inferno. Ora sulla sua figura arriva da domani on demand sulle principali piattaforme ‘Cecchi Gori. Una famiglia italiana’, film-documentario scritto e diretto da Simone Isola e Marco Spagnoli. Già presentato in prima mondiale alla Festa del Cinema di Roma, il film, prodotto da Giuseppe Lepore per Bielle Re e distribuito dall’Istituto Luce-Cinecittà, racconta l’avventura dei produttori Mario Cecchi Gori e suo figlio Vittorio, in grado per sessanta anni di regalare al nostro cinema molti dei più grandi successi di pubblico e critica, in Italia e all’estero.
    Una storia che si può sintetizzare con un solo numero: quattro premi Oscar.
    A raccontare tutto questo nel docu-film è lo stesso Vittorio Cecchi Gori, un uomo che ha conosciuto la gloria e la galera, all’interno di un’epica privata e che racconta molto anche dell’Italia politica. A dare poi voce all’ascesa del più grande gruppo di produzione e distribuzione cinematografica italiano di tutti i tempi, con oltre 300 successi prodotti e ben oltre 1.000 distribuiti in 50 anni, anche le preziose testimonianze di quegli amici che non hanno mai abbandonato Vittorio: dai vincitori dell’Oscar Roberto Benigni e Giuseppe Tornatore, ai campioni di incassi Leonardo Pieraccioni e Carlo Verdone, agli amici Lino Banfi, Rocco Papaleo e Marco Risi. E infine parlano anche i grandi allenatori e campioni della Fiorentina, passione di famiglia, Giancarlo Antognoni, Claudio Ranieri e Roberto Mancini, attuale CT della Nazionale di Calcio italiana. “Cecchi Gori – Una famiglia italiana” è la storia di padri e figli, intellettuali appassionati, uomini talora deboli dinanzi alle tante donne delle loro vite, ma – dice il regista Marco Spagnoli – è anche il racconto di una bottega rinascimentale diventata industria con l’ambizione di trasformarsi in qualcos’altro ancora”.
    Oggi si legge nelle note di regia: “Vittorio è un uomo solo, ma si sente ancora il magnate, il produttore, il presidente della squadra di calcio, il senatore, il playboy; sono i frammenti di un passato dissolto rapidamente, davanti a noi riuniti, concentrati, distillati dal tempo, dalle traversie e dagli eccessi in un uomo che, di persona, è un pallido riflesso di quello raccontato dalla cronaca di oltre trent’anni di vita, affari e pettegolezzi”.
    Gran parte del docu-film è stato girato nel buon retiro del produttore, ovvero nella casa ai Parioli dei suoi genitori acquistata con i ricavi de Il sorpasso.
    “Chiusi i palazzi, finite le cene, rimasti vuoti i bicchieri di champagne e i letti una volta riempiti da donne abituate a schermi panoramici per le loro bellezze, Vittorio Cecchi Gori – si legge nelle note di regia -, come succede solo agli adolescenti scapestrati e ai nobili russi decaduti nei romanzi di Dostoevskij, è tornato a casa dei suoi genitori per non uscirne più”.
    “Sono rimasto figlio, sono rimasto figlio”, così Vittorio Cecchi Gori ha detto più volte durante una visita sul set del film in quella casa dei genitori in cui si era rifugiato, dopo aver dovuto abbandonare il prestigioso appartamento di Palazzo Borghese. Non solo, in quella casa romana, ha confessato, sempre in quell’occasione, con un certo infantile candore: “Ogni tanto mi sembra di veder comparire il babbo e la mamma”. .
   

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