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Quando Navalny disse all’ANSA: ‘Non mollerò mai’

Quasi esattamente sei anni fa. Era il 18 gennaio del 2018. Alexey Navalny era stato appena escluso definitivamente dalla corsa al Cremlino dalla Corte Suprema russa. Accettò di rilasciare un’intervista all’ANSA in cui si parlò di tante cose: del rapporto con l’Italia, dell’Europa, considerata come un modello, e anche della morte, mai troppo lontana per chi fa politica indipendente nella Russia di Vladimir Putin.
    In quell’occasione Navalny disse che non avrebbe mollato mai.

    “Come marito, padre e cittadino non posso accettare che un movimento che ha milioni di sostenitori venga escluso dalla costruzione del futuro del mio Paese: il consenso di Putin, davanti a candidati veri, si scioglie, mi creda. Vladimir Putin ha scelto di restare al potere con la formula del presidente a vita e sta costruendo un sistema feudale basato sui clan familiari, che ormai controllano l’85% della nostra economia.
    L’attività politica indipendente in Russia comporta dei rischi ma io vado avanti, non c’e’ alternativa: noi lottiamo per il nostro diritto di partecipare alla costruzione del futuro della Russia: non mollerò mai”, sottolineò.

    Navalny – ed è un aspetto forse inedito – si emozionava sinceramente quando si parlava di Europa in generale e Unione Europea nello specifico. “Sì, si può dire che io mi ispiri politicamente all’Europa. Il modello americano è unico, difficilmente replicabile. I russi sono europei, lo dice la nostra identità, e la Russia dovrebbe diventare un Paese leader in Europa. L’Ue, pur con i suoi problemi, è stata capace di dare una vita stabile ai suoi cittadini. Questa visione terza dell’ideologia putiniana, una Russia diversa da Europa ed Asia, che deve svilupparsi autonomamente, è nociva, oltre che falsa.

    Le élite russe hanno i loro figli che studiano lì, è tutta una cortina fumogena per mascherare i loro veri interessi”.
    Quando affrontò il tema dei rapporti fra Russia e Italia le sue parole si fecero nette e precise: “Vorrei che il vostro Paese fosse un po’ più amico del nostro popolo e un po’ meno di oligarchi e corrotti. L’Italia – disse – è meta privilegiata dei soldi sporchi rubati qui in Russia: sono investimenti che portano con sé corruzione e criminalità organizzata. Credo non ne abbiate bisogno, vi basta già la vostra”. Un ragionamento che, politicamente, doveva tradursi secondo lui in una posizione più “attiva” sulle sanzioni individuali europee e americane contro ‘gli amici del circolo Putin’. “Io – aggiunse – sono cresciuto con il festival di Sanremo e le commedie all’italiana e per me, che sono nato ai tempi dell’Unione Sovietica, l’Occidente era anche e soprattutto quello”.
    “Per sei anni – raccontava ancora – non ho potuto lasciare la Russia poiché non mi è stato rilasciato il passaporto per l’estero. Lo hanno fatto solo quando mi sono dovuto recare a Barcellona per operarmi ad un occhio (dopo essere stato colpito al volto da una sostanza acida e aver riportato danni gravi, ndr). E mentre mi trovavo a Barcellona un’idea mi torturava: ma è possibile che io non potrò mai visitare Roma? Se non mi tolgono il passaporto proverò ad andarci”.
    Un desiderio che Navalny non ha potuto esaudire.  
   

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