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Unione Europea

Gentiloni, con un’intesa sul Patto è possibile la transizione 

BRUXELLES – L’Europa non può più restare nel limbo sulle regole sui conti pubblici. Quello che serve, e in fretta, è un accordo tra i governi nazionali per dare vita al nuovo Patto di stabilità e crescita. Soltanto dopo quell’intesa politica, che appare ancora lontana, “l’infinita creatività negli uffici di Bruxelles” potrà portare a “immaginare” un possibile “periodo transitorio” per adattarsi meglio alle nuove norme dopo tre anni passati senza vincoli. L’apertura, a metà tra il monito e l’esortazione, arriva dal commissario europeo Paolo Gentiloni, che invita tutti i Paesi a fare uno scatto in avanti “nelle prossime settimane” per sbloccare una trattativa in stallo ormai da troppo tempo.

La quadra per non tornare alla vecchia austerità, uno scenario nefasto anche per Roma, andrà trovata entro la fine dell’anno, in un percorso che si intreccia alla valutazione dell’Ue sulle leggi di bilancio nazionali e alle revisioni dei Pnrr. I segnali che arrivano da Palazzo Berlaymont sono netti: senza un consenso sulla riforma del Patto, tutti i suoi paletti torneranno in vigore così come sono all’inizio del 2024. Un’indicazione già espressa dalla presidente Ursula von der Leyen e ribadita ora anche dall’ex premier italiano. Che, davanti alle “resistenze” dei governi e alle “differenze culturali” tra i Paesi, altro non può fare che predicare la necessità di trovare un accordo.

Il buon esito dei negoziati – tenuti in ostaggio dalla più classica contrapposizione tra il Nord, capeggiato da Berlino, e il Sud Europa – è decisivo “per tutti”, non solo per l’Italia. Anche perché, è il ragionamento del commissario, le regole attuali “non sono adeguate”, si sono mostrate “troppo severe, al punto di non essere applicate”, e una loro imminente restaurazione – davanti all’Europa stravolta dopo la pandemia e immersa in due guerre – rischierebbe di soffocare crescita e investimenti. Una eventualità che, dopo la proposta messa sul tavolo da Bruxelles nei mesi scorsi, ora soltanto i governi nazionali possono scongiurare. E i primi a poter avvicinare le posizioni sono i ministri delle Finanze, riuniti all’Eurogruppo e all’Ecofin l’8 e il 9 novembre.

Soltanto una volta raggiunto un accordo di principio, nella prospettiva aperta da Gentiloni, si potrà pensare a un periodo di transizione. La squadra del commissario nel frattempo è al lavoro per valutare le leggi di bilancio nazionali – il giudizio sarà svelato martedì 21 novembre – e per dare entro fine anno la luce verde ai Pnrr modificati. Con Roma e gli altri 15 Paesi che hanno sottoposto all’esecutivo Ue la revisione dei progetti originari il lavoro è intenso. Portare “a buon fine” i piani è cruciale per l’intera economia europea. E, scandisce il commissario, lo è ancor di più per l’Italia che – in attesa anche di ottenere la quarta rata entro fine anno – nel Pnrr ha “un motore di riserva” per poter “contare su un contributo di crescita aggiuntivo”. Tradotto in numeri: “lo 0,5% all’anno”. Che, è l’osservazione dell’ex premier, “può sembrare poco” ma in un contesto di crescita dello zero virgola “è una cosa enorme”.

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