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Unione Europea

In Slovacchia allarme disinformazione alimentata dall’IA

BRUXELLES – Durante la campagna elettorale in Slovacchia, i social media sarebbero stati inondati di video e registrazioni generati dall’intelligenza artificiale (IA) per diffondere la disinformazione.

La tecnica impiegata è quella del deepfake, foto o video sintetici creati partendo da contenuti reali attraverso algoritmi di apprendimento automatico addestrati su grandi quantità di dati.
    Il caso più eclatante ha riguardato la diffusione di un file audio in cui si sente il candidato di opposizione, l’eurodeputato progressista, Michal Simecka, discutere con una giornalista, Monika Tódová, di voti della minoranza rom che il suo partito, Slovacchia progressista, avrebbe comprato.

Una “colossale, evidente stupidità” ha scritto Simecka su X, che ha accusato gli avversari di aver creato “un altro video falso con una voce di intelligenza artificiale”.

“Al momento non esistono strumenti in grado di rilevare con assoluta certezza i contenuti creati dall’IA”, ma “la registrazione contiene diverse anomalie e le voci in essa contenute non sono naturali” scrive il team di fact check dell’Afp che ha indagato sulla vicenda. La tesi è stata confermata da diversi esperti interpellati dall’agenzia francese, nonché dall’organizzazione Demagog, partner di fact-checking per Meta. L’audio, secondo le verifiche effettuate dall’Afp, conta diverse migliaia di condivisioni su Facebook, Telegram e TikTok.

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L’episodio non è isolato. Già alla vigilia del voto, la polizia slovacca aveva messo in guardia dalla diffusione di “video e registrazioni audio di disinformazione” anche creati sfruttando l’IA, e aveva lanciato un appello ai cittadini affinché fossero “vigili” e non si lasciassero “sfruttare da gruppi di interesse che vogliono raggiungere i propri obiettivi attraverso la menzogna”.

A lanciare l’allarme era stata nei giorni scorsi anche la vice presidente della Commissione europea, Vera Jourová, che aveva dipinto la Slovacchia come un “terreno fertile” per la propaganda russa, sostenendo che il voto sarebbe stato un test sulla vulnerabilità dei sistemi democratici all'”arma di manipolazione di massa da milioni di euro” nelle mani del Cremlino. 

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