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Cinquetti, la ragazzina di Non ho l'età è sempre con me

Nel 1964, a 16 anni, vinceva quello che allora si chiamava l’Eurofestival con Non ho l’età. Cinquantotto anni dopo, Gigliola Cinquetti è di nuovo su quel palco, con lo stesso brano, ospite della serata finale dell’Eurovision Song Contest, la manifestazione musicale dal 10 al 14 maggio animerà Torino. “Quello che provo è un sentimento di gratitudine. E’ una gioia per me ricantare Non è l’età, dà significato al mio percorso artistico. In fondo, tutto è cambiato e nulla è cambiato”, dice la cantante che con quella ragazzina adolescente che si trovò spalancate le porte del mondo continua ad avere un “dialogo continuo”. “Sono costretta a questo dialogo, lei mi insegue, non mi lascia un istante. Ha preteso molto impegno e molto lavoro. È stata una ragazza molto esigente, insoddisfatta, curiosa, sempre alla ricerca di nuove interpretazioni della realtà. Non voleva neanche il successo, ma la realizzazione del proprio talento che pensava davvero di avere. Ma non l’ho mai odiata (semmai la odiavano gli altri, perché gli haters sono sempre esistiti), e continuo a portarla con me”. Per Gigliola Cinquetti, quella di Torino, sarà la quarta presenza alla manifestazione, dopo la vittoria nel 1964, un secondo posto dietro agli Abba dieci anni dopo e la conduzione insieme a Toto Cutugno nel 1991. “Quattro volte… è straordinario e sorprendente. Me lo avessero detto nel 1964 che sarei stata ancora qua nel 2022 sarei rimasta basita”, dice con un sorriso. “In mezzo c’è tutta una vita e non solo per me, ma anche per tutti quelli che hanno vissuto e ricordano quei momenti. E’ un peccato che per un po’ l’Italia abbia prestato poca attenzione all’Eurovision: è un evento unico che raggiunge una vastità di pubblico impressionate. E come Sanremo ha saputo rinnovarsi. Ed è importate perché mette in comunicazione mondo diversi e apparentemente lontani”. Come successe a lei, che da Verona si trovò catapultata in un mondo sconosciuto e affascinante. “Fu un’esperienza che mi sprovincializzò e mi cambiò la vita. Da lì, e da Sanremo, sono partita per il mondo e per 15 anni ho vissuto con la valigia in mano. L’aereo era la mia casa. Ho inciso dischi in 9 lingue, pubblicato in centinaia di Paesi. E non è un modo di dire. Un successo paragonabile a quello dei Maneskin di oggi. Sono cresciuta in fretta, con un senso eroico del vivere, la felicità era un dovere etico”. Nella settimana dell’Eurovision Song Contest Rai Cultura ha affidato a Gigliola il palinsesto della “Domenica Con”, lo spazio curato da Enrico Salvatori e Giovanni Paolo Fontana, in onda l’8 maggio dalle 14 alle 24 su Rai Storia. Un palinsesto che la cantante dedica all’Europa in Eurovisione e al ricordo dell’Eurovision Song Contest. Passaggi accompagnati da storie legate a vicende personali e storiche, come la nascita della Costituzione o il voto delle donne. Non manca un omaggio alle ragazze degli anni Sessanta che fecero la “rivoluzione”. “Cantanti e attrici che imposero un nuovo modello femminile: Sylvie Vartan, Francoise Hardy, Marianne Faithfull, Catherine Spaak e mi ci metto anche io. Protagoniste del cambiamento sociale. Essere madri e moglie, ma senza essere schiave: questa fu la grande rivoluzione della minigonne. Un modello che cambiò i rapporti uomo-donna”. La tv – dice – l’ha amata soprattutto ai tempi del bianco e nero. “Poi ha smesso di entusiasmarmi, anche se rimane ancora l’unico mezzo per proporre contenuti. Tutto il resto, e parlo della piattaforme e dei social, è solo un contenitore. Se non ci fosse la tv, non ci sarebbe niente”.

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