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Berlino: Ursula Meier, in La Ligne la mia donna violenta

C’è poco da dire l’incipit di LA LIGNE, terzo film della regista franco-svizzera Ursula Meier dopo HOME e SISTER, è davvero sconvolgente con protagonista una donna dai capelli corti che, con una rabbia demoniaca e incontenibile, cerca di picchiare la madre, Christine, e ci riesce. E tutto questo in un ancora più inquietante ralenti. “Volevo rompere un tabù e mettere in scena un personaggio femminile davvero violento, in genere una cosa solo maschile mentre ai personaggi femminili al massimo si attribuiscono ruoli da drogata o prostituta”. Scritto insieme a Stéphanie Blanchoud (che interpreta Margaret, il ruolo principale) in collaborazione con Antoine Jaccoud e con la partecipazione di Robin Campillo e Nathalie Najem, il film in concorso in questa 72/ma edizione del Festival di Berlino, racconta appunto di questa trentacinquenne colpita da un ordine restrittivo di tre mesi per aver colpito sua madre (Valeria Bruni Tedeschi). La distanza che non può superare dalla sua casa tra le montagne svizzere, dove vive appunto la madre, è di soli duecento metri, ma sono davvero troppi per lei. Questa ‘madre bambina’, fondamentalmente anaffettiva, volubile ed ex famosa pianista, le manca insomma davvero troppo nonostante sembri interessarsi davvero poco a quello che la circonda. Prodotto dalla società svizzera Bandita Films con la parigina Les Films de Pierre e la società belga Films du Fleuve (la società dei fratelli Dardenne) nel cast del film, ad alta vocazione musicale, anche Benjamin Biolay e India Hair. “A inizio film lo sfratto subito da Margaret dalla sua stessa famiglia è una sorta di Big Bang che genera ondate di violenza in tutto il film, portando alta tensione. Nella maggior parte delle storie, è spesso l’incontro dei personaggi che fa avanzare la vicenda, ma in LA LIGNE, è proprio la loro distanza che crea complicate dinamiche. Bandita dalla sua famiglia, Margaret è letteralmente ‘bloccata’. Questa linea, il luogo preciso che delimita la casa di famiglia, diventa per lei un ostacolo, letteralmente e metaforicamente, fino a trasformarsi nel luogo di tutte le tensioni”. All’inizio questa linea è solo immateriale, fino a quando diventa una linea figurativa, disegnata con vernice verde dalla sorellina mistica di Margaret, Marion. Ogni giorno, va detto, Margaret torna a questo confine, ed è Marion a fare da guardia a questa linea e ad assicurarsi che sua sorella non la attraversi, anche chiedendole di giurare davanti a Dio. “Quando scelgo di fare un film per me la cosa essenziale è la sceneggiatura – dice la Bruni Tedeschi – e quella l’ho subito amata. Il mio personaggio certo è antipatico, a volte duro, a volte amabile, a volte caparbio, a volte fragile. Insomma una bella sfida che ho accettato volentieri senza mai pentirmi”.
   

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