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Black mafia, i segreti delle cosche nigeriane

ROMA – Una piramide, con capi e ‘don’, cosche, o meglio ‘cult’ (la cui lontana origine è nelle confraternite studentesche nigeriane degli anni ’50 allora create con spirito anticolonialista), bracci armati, ‘galoppini’, maman (incaricate di piegare con violenze e abusi le ragazze costrette alla prostituzione) e affari costruiti, fra l’altro, sulla tratta di esseri umani, il traffico di droga e di petrolio ma anche truffe globali attraverso le criptovalute e la clonazione delle carte di credito. Sono fra i tratti dell’identikit della mafia nigeriana, tracciato da Black mafia, il documentario di Romano Montesarchio, al debutto il 10 dicembre su Rai3. Un racconto, prodotto da Luce Cinecittà, Bronx Film e Rai Documentari, che utilizzando un ritmo da thriller fa conoscere un mondo capace di aggregare richiami strumentali al passato (come rituali, codici, colori settari o lo spauracchio di vendette voodoo, per scoraggiare ‘ribellioni’) e un moderno sguardo imprenditoriale da multinazionale del crimine.

Un viaggio dalla Nigeria al Piemonte, passando, fra le altre, per Bologna e Castel Volturno, basato sul libro inchiesta “Mafia nigeriana” di Sergio Nazzaro, anche coautore del documentario. Si ricostruiscono le fasi della grande inchiesta Athenaeum condotta dalla Procura di Torino tra dicembre 2012 e settembre 2016 . Ne è scaturita la misura restrittiva per 44 cittadini nigeriani -affiliati degli Eye e Maphite – operanti nella provincia di Torino, a Novara e Alessandria, scoprendo una grande organizzazione internazionale, dai contorni paragonabili alle nostre mafie, attiva anche in Canada, Regno Unito, Olanda, Germania, Malesia e Ghana. A dare il via all’inchiesta, nel 2012, la denuncia a Torino contro la sua ‘maman’ di una ventisettenne nigeriana. Un primo passo che ha innescato una brillante operazione investigativa, portata avanti anche grazie a nuova unità di indagine a Torino, la Sat (Squadra Anti Tratta) guidata da Fabrizio Lotito. Un quadro che nel documentario prende forma grazie a atti d’inchiesta, ricostruzioni, materiale originale di indagine e intense testimonianze (da quelle di ‘ex schiave’ della mafia nigeriana, arrivate in Italia dopo un viaggio già segnato da ripetute violenze, a protagonisti dell’inchiesta e inquirenti come Lotito e il procuratore Giancarlo Caselli. “Le donne che parlano del film le abbiamo contattate attraverso centri d’accoglienza che le hanno aiutate – spiega Montesarchio -. Le forze dell’ordine continuano a fare arresti di esponenti della mafia nigeriana, ma manca ancora la consapevolezza della pericolosità del fenomeno nella popolazione. Molti sono convinti si parli giusto di qualche prostituta e qualcuno che vende fumo… documentari come questi aiutano a far comprendere meglio la realtà”. Di mafia nigeriana parlano in tanti “senza capirne molto – aggiunge Nazzaro – qui si ha a che fare con esseri umani comprati e venduti. E’ incredibile non ci fosse ancora stato un documentario filologicamente corretto su questo tema”.

Black mafia “è fra i documentari della nostra serie crime doc, come quelli su Marta Russo, la Uno bianca, il Mostro di Firenze dedicati a argomenti che toccano l’opinione pubblica raccontati con l’obiettivo di creare consapevolezze, nello spirito del servizio pubblico” dice Duilio Giammaria, direttore di Rai Documentari, che anticipa, fra i prossimi documentari per Crime doc, titoli su Cutolo e la rivolta di Porto Azzurro. Fra gli altri titoli non fiction in cantiere: una biografia di Sophia Loren, un progetto su Mussolini e uno dedicato ai diari di Galeazzo Ciano. Fra i partner strategici c’è Luce Cinecittà che rinnova l’impegno, anche grazie all’immenso e prezioso archivio, per il documentario: “Abbiamo messo su una bella squadra – spiega la presidente Chiara Sbarigia – stiamo valutando 108 progetti”.

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