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Scala: sarà una prima 'd'artista', da Vanoni a Cattelan

Sul palco “un poker” di grandi cantanti, guidati da una meravigliosamente perfida Anna Netrebko – Lady Macbeth che ordisce omicidi mentre balla le coreografie ideate da Daniel Ezralow, in platea e nei palchi un pubblico altrettanto artistico con star come Ornella Vanoni, Maurizio Cattelan e Giorgio Armani. Sarà letteralmente una prima d’artista quella che che il prossimo 7 dicembre inaugurerà la stagione lirica della Scala con il Macbeth di Giuseppe Verdi diretto da Riccardo Chailly.
Oltre a Cattelan, che ha in corso al Pirelli HangarBicocca la mostra Breath Ghosts Blind, ci saranno anche altri fra esponenti del mondo dell’arte più quotati al mondo come Francesco Vezzoli e Gianmaria Tosatti, che alla prossima Biennale di Venezia sarà protagonista (unico) del padiglione italiano e che a Milano ha in programma una esposizione all’HangarBicocca dal 23 febbraio. Ornella Vanoni avrà come cavaliere Marracash, che nel 2019 alla Scala arrivò accompagnato da Elodie. Ma si parla anche del possibile arrivo di Manuel Agnelli e di altri cantanti. Di certo ci sarà Giorgio Armani frequentatore scaligero e dallo scorso aprile anche socio sostenitore, che con Armani/Fiori cura il décor floreale del teatro per il 7 dicembre e che alla Scala arriverà con una serie di invitati vip ancora da svelare. E non poteva mancare il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che siederà nel palco reale per l’ultima Prima del suo settennato, insieme al sindaco Giuseppe Sala, al presidente della Regione Attilio Fontana, al prefetto Renato Saccone, alla presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati e al ministro della Cultura Dario Franceschini.
Chi non sarà in sala, potrà seguire l’opera al cinema, in tv (grazie a Rai Cultura che trasmetterà Macbeth in diretta su Rai1), alla radio e anche nei diversi luoghi della città dove si svolge la prima diffusa: dal conservatorio, alla casa della carità al carcere minorile Beccaria, a quello di Opera e di San Vittore. E proprio a San Vittore è andato oggi il regista Davide Livermore per raccontare l’opera ai detenuti perché “vogliamo portare la Prima della Scala nella società e questo è un luogo di vita e il teatro pubblico è di tutti”. E in particolare, parla a tutti Macbeth, vicenda sempre attuale che affronta il tema della gestione del potere, degli effetti distruttivi che ha in chi conquista e detiene calpestando (in questo caso uccidendo) gli altri, ma anche in chi lo subisce, come mostra il coro che canta nel quarto atto ‘Patria oppressa!’.
E proprio perché è una vicenda sempre attuale Livermore ha scelto una ambientazione ‘ibrida’, con i protagonisti che usano le spade, ma che si muovono in una megalopoli che ricorda la realtà distopica del film Inception di Christopher Nolan. E ha deciso per un finale certo non lieto ma che lascia qualche speranza. “C’è un finto finale gioioso, morto il tiranno ucciso da Macduff tutti gridano libertà – ha detto Livermore – Ma nel 2021 siamo proprio sicuri che chi si disfa di un potere, una dittatura, di un governo sia meglio?”. Con questo dubbio il regista ha deciso di finire l’opera con una grata, una prigione che cala dall’alto, i cui cancelli però vengono aperti da due bambini, cioè dal futuro, dalla possibilità “di una società migliore grazie ai giovani che riescono ad emanciparsi”. “Dopo 160 anni dall’unità d’Italia – ha concluso – magari c’è voglia di ricordarci di tutti le possibilità di insuccesso che abbiamo avuto, o del nuovo che avanza che rivela i denti e si mostra peggio del suo nemico”. (ANSA).

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