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EY: nel 2020 +5% di investimenti esteri nonostante il Covid

(ANSA) – ROMA, 22 GIU – Cresce l’attrattività dell’Italia, nonostante la pandemia. Nel 2020 il numero dei progetti degli investimenti diretti esteri (Ide) è cresciuto del 5% rispetto all’anno precedente, mentre un manager internazionale su due (48%) si dichiara pronto ad espandere le proprie attività nel nostro Paese. Cinque punti percentuali che equivalgono a 113 nuovi progetti in programma, dato in controtendenza a fronte di un calo complessivo del 13% a livello europeo.
    È lo scenario che emerge dall’EY Europe Attractiveness Survey, studio condotto su oltre 550 intervistati a livello globale, che analizza l’andamento degli investimenti esteri in Europa. Nel 2020 l’Italia è tra i pochi Stati europei ad aver registrato una crescita, seppur modesta, del numero degli investimenti rispetto al 2019. Tuttavia la limitata la quota di mercato, pari al 2% degli investimenti diretti totali in Europa, colloca l’Italia solo al 12 esimo posto nella graduatoria europea. Persistono, inoltre, marcate disparità territoriali, soprattutto tra Nord e Sud del Paese.
    Ad attrarre la fetta più grossa degli investimenti esteri in Italia, rileva EY, sono il settore dei servizi alle imprese, cosiddetti B2B (13%), quello della progettazione di software e servizi IT (12%), il comparto logistica e wholesale (12%), seguiti da finanza (8%) e farmaceutico (7%).
    Lo studio rileva invece flessioni più marcate per il settore dei macchinari e attrezzatture industriali (5%) e per quello tessile (4%). Quanto alla provenienza delle risorse, l’analisi colloca al primo posto gli Stati Uniti (24%), seguiti da Francia (16%), Germania (12%) e Uk (9%). Più indietro invece la Cina (4%), che sopravanza di poco il Giappone (3%).
    A rendere poco attrattiva l’Italia per il 58% degli intervistati, è l’incertezza a livello di regolamentazione, seguita da un eccessivo carico burocratico per il business (55%). Tagliare le tasse (29%), supportare le piccole e medie imprese (28%), ridurre il costo del lavoro (28%), sono le tre macro-aree d’intervento che, a detta dei manager intervistati, permetterebbero di dare una spinta decisiva alla competitività italiana. 

“La porzione degli investimenti diretti esteri destinati al nostro Paese rimane comunque limitata”, avverte l’ad di EY in Italia e managing partner dell’area mediterranea, Massimo Antonelli. “Bisogna ricreare – prosegue – un clima generale di fiducia, soprattutto ora che le sfide del rilancio promosso tramite il Next Generation EU sono prossime”.

Lo studio rileva invece flessioni più marcate per il settore dei macchinari e attrezzatture industriali (5%) e per quello tessile (4%). Gli investimenti esteri destinati al nostro Paese sono in parte improntati al potenziamento della forza commerciale e del marketing (22%). Seguono quelli volti a valorizzare il know-how tecnico e imprenditoriale nazionale, soprattutto in ambito di processi di produzione (19%) e ricerca e sviluppo (15%). Quanto alla provenienza delle risorse, l’analisi colloca al primo posto gli Stati Uniti (24%), seguiti da Francia (16%), Germania (12%) e Uk (9%). Più indietro invece la Cina (4%), che sopravanza di poco il Giappone (3%). Emerge inoltre come gli Ide siano concentrati nelle Regioni dove si trovano i distretti industriali più innovativi (meccatronica, lusso e design, mobile, tessile, biomedicale), soprattutto nel Nord-Ovest (58%) e centro Italia (24%). A rendere poco attrattivo il Bel Paese invece per il 58% degli intervistati è l’incertezza a livello di regolamentazione, seguita da un eccessivo carico burocratico per il business (55%). Necessari, per dare una spinta alla competitività, il taglio delle tasse (29%), il supporto alle Pmi (28%) la riduzione del costo del lavoro (28%). “Una porzione rilevante di nuovi flussi d’investimento punta all’Italia per il proprio know-how tecnico e per la qualità del capitale umano”, spiega il mediterranean leader per l’area strategy and transactions di EY, Marco Daviddi. “Occorre lavorare su questi aspetti – prosegue – per valorizzare le eccellenze del nostro paese anche in ambiti a maggior valore aggiunto, tra cui ricerca e sviluppo, processi manifatturieri e relativi controlli qualità”.

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