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Falcinelli, come guardare le figure

RICCARDO FALCINELLI, ”FIGURE” (EINAUDI, pp. 522 – 24,00 euro – con oltre 500 immagini a colori). Normalmente non ce ne rendiamo conto, ma le immagini pubblicitarie che oggi ci troviamo di continuo davanti agli occhi si basano su fotografie che si ispirano direttamente alla bellezza e equilibrio delle nature morte dei grandi pittori secenteschi e se comprendono modelle in posa, queste richiamano madonne di Raffaello o Guido Reni.
    Ce lo fa capire (e vedere) Riccardo Falcinelli, graphic designer e docente di psicologia della percezione, di cui Einaudi aveva pubblicato tre anni fa un libro affascinante: ”Cromorama – come il colore ha cambiato il nostro sguardo”, una sorta di storia della valenza artistica e sociale dei colori legati a come noi vediamo quel che ci circonda. Come un seguito, o un arricchimento di quello studio e egualmente godibile e coinvolgente, ora spiega ”come funzionano le immagini dal Rinascimento a Istagram” con queste cinquecento pagine, illustratissime ovviamente e impaginate con sapienza, che sono un susseguirsi di notazioni rivelatrici avanti e indietro nel tempo, di accostamenti sorprendenti, di associazioni che ci aiutano a capire meglio la civiltà dell’immagine in cui siamo sempre più immersi. ”Il funzionamento delle immagini è un problema culturale che ci coinvolge tutti”, scrive, e allora, nella realtà di tablet e smartphone in cui sui social le immagini si scorrono velocissime fermando quando qualcuna attira per un attimo l’attenzione, è meglio capirci qualcosa di più, lasciandoci sorprendere dal suo argomentare, raccontare e spiegare, che vuol offrire strumenti di comprensione ai giovani d’oggi perché non si facciano ingannare da quel che appare, ma che non è meno utile anche per i non nati digitali, loro padri e nonni, con i suoi sette capitoli: Spazio, Forme, Percezione, Meccanismi, Topologie, Composizione, Medium (seguiti da vari indici e una ricca bibliografia).
    Si inizia con un discorso sul ”potere del centro” e ”le seduzioni di periferia”, facendo vedere come cambia una figura o un oggetto se posto al centro o di lato dell’immagine e come tutto cambi con la nascita della prospettiva, ”un sistema di regole grafiche che permette di suggerire l’effetto della terza dimensione su una superficie bidimensionale in modo analogo a quanto accade con la visione diretta”, la cui verifica è nel confronto tra la scenografia cinquecentesca della Città ideale e la foto di una strada dritta che si perde nel deserto dell’Arizona, ma spiegando poi quanto conti il punto di vista. E Falcinelli cita quindi ”Shining” di Kubrick, che cinque secoli dopo Rafael Alberti costruisce un intero film sulla prospettiva centrale (con ”un mezzo di trasporto la visuale del pilota è sempre quella rinascimentale, cui è stata aggiunta la velocità”) e che gioca sul ruolo dello sguardo. Storie e curiosità, arricchite narrativamente da aneddoti su grandi personaggi, si susseguono di continuo e se ne può scegliere una ad apertura di pagina. Ecco allora il ruolo del coltello nella pittura, che crea nel quadro gerarchie tra primo e secondo piano e prende un ruolo di puntatore ”né più né meno di una freccia scagliata dentro il quadro” a partire da nature morte del Cinquecento sino a Monet e oltre (tutto sempre documentato iconograficamente).
    Quanto ai formati, i quadri sono sempre stati orizzontali e verticali, secondo dove dovevano essere posizionati, ma c’è anche altro, perché, sempre più, il problema ”è legato sia al modo in cui ci troviamo a guardare, si al medium, la tecnologia che viene impiegata”. Come vediamo, anche in certi reportage nei Tg o collegamenti in diretta durante il lockdown, sull’onda delle diffusione degli smartphone è nata una nuova tipologia di ripresa, ma anche di racconto costruito apposta per la verticalità. E così, un’osservazione dietro l’altra, seguendo e spiegando l’evoluzione e le trasformazioni delle immagini ma anche del come le guardiamo, Falcinelli ci cattura di pagina in pagina (e non ce ne è una che non abbia una illustrazione) come guidandoci in una sorta di bosco che con gli anni se è fatto sempre più fitto e in cui allora abbiamo più bisogno di aiuto per non perderci, per capire quel che vediamo cosa sia, da dove venga e dove stia andando. (ANSA).
   

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