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>>>ANSA/ Otto anni senza Abuna Paolo, simbolo del dramma siriano

 La sera del 29 luglio del 2013 il telefono di Paolo Dall’Oglio squillò più volte a vuoto quando il giornalista dell’ANSA provò a chiamarlo. Era la conferma della notizia che dal tramonto era cominciata a circolare a Raqqa di bocca in bocca. ‘Abuna Paolo’ (Padre Paolo), come era conosciuto tra i siriani, era scomparso nel vortice del conflitto siriano, nella città del nord del Paese dove vari gruppi ribelli si contendevano il potere dopo la cacciata delle forze governative e che di lì a poco sarebbe diventata la capitale dell’Isis in Siria.
    Il 6 agosto la ministra degli Esteri Emma Bonino rendeva noto che il gesuita romano era stato “sequestrato da un gruppo islamico che si chiama Stato islamico in Siria e Iraq”.
    Sconosciuto ai più in quel momento ma che si avviava a conquistare vaste porzioni di territorio nei due Paesi mediorientali, contribuendo a far naufragare il sogno di una democratizzazione della Siria in cui anche Dall’Oglio aveva creduto. Di lui, da allora, non c’è più stata traccia, inghiottito da un conflitto che, insieme a centinaia di migliaia di vittime e 10 milioni di profughi e sfollati interni, ha prodotto anche la distruzione delle speranze di una convivenza pacifica tra religioni ed etnie diverse.
    “Nel mio cuore sento che è vivo, spero che un giorno possiate conoscerlo”, ha detto la sorella Francesca incontrando a Roma i bambini del Centro ‘Fonte di Ismaele’ nell’ottavo anniversario della scomparsa. Una speranza che sopravvive nonostante la mancanza di una qualsiasi notizia concreta, anche dopo lo sgretolamento del cosiddetto Califfato dell’Isis nel 2017 e la caduta della stessa Raqqa. Le mille voci e i tentativi di sciacallaggio nel corso degli anni hanno reso ancor più difficile la ricerca della verità. Mentre le autorità italiane che si occupano del caso hanno dovuto passare al setaccio informazioni riferite da testimoni che in quei giorni si trovavano a Raqqa. Uno di questi, qualche anno fa, aveva affermato che il religioso gesuita era stato ucciso subito dopo essere stato fermato da miliziani dell’Isis che non gradivano le sue attività in città e in precedenza gli avevano intimato invano di andarsene.

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