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>>>ANSA/ L'ultimo saluto a Filippo fra le lacrime della regina

(di Alessandro Logroscino)
(ANSA) – LONDRA, 17 APR – Un omaggio sobrio, ma commosso, con
due protagonisti a interpretare il momento dell’estremo congedo
e un intero Regno a fare da sfondo. La Gran Bretagna ha detto
oggi addio al principe consorte Filippo, spirato venerdì 9
aprile quasi centenario, chiudendo un capitolo di storia
nazionale durato quanto i 73 anni del suo matrimonio
inossidabile con Elisabetta II. E la regina, a pochi giorni dal
95esimo compleanno, ha salutato per l’ultima volta l’uomo e il
sostegno di una vita, aggrappandosi come sempre allo stoicismo
d’un ferreo senso del dovere, eppure ripiegata nella solitudine
del crepuscolo senza poter nascondere un dolore umano profondo:
segnato da qualche inusuale lacrima inghiottita a stento, in
piedi dinanzi alla bara.
   
Il funerale, non di Stato, ma solenne – prescritto dalle
minuziose volontà dello scomparso e sancito dalle non meno
rigorose indicazioni fissate dalla sovrana per garantire che
tutti i riflettori del tributo nazionale fossero puntati sul
marito – si è svolto secondo le cronometriche cadenze militari
che il duca di Edimburgo, veterano della Seconda Guerra Mondiale
tra le file della Royal Navy e figura popolare per quanto non
aliena a controversie e gaffe politicamente scorrette, amava.
   
Con il Regno che si è fermato per un minuto in silenzio, da
Boris Johnson in giù, ma senza fronzoli o clamori (salvo una
militante ambientalista esibitasi a distanza in topless, quasi
inosservata). E con gli stessi componenti della Royal Family
confinati a fare corona.
   
Complici gli obblighi dell’emergenza Covid, che hanno
circoscritto l’accesso alla cappella di St George annessa al
Castello di Windsor per il rito della sepoltura a una trentina
tra familiari e cortigiani strettissimi; e limitato a qualche
presenza alla spicciolata i raduni di sudditi e curiosi
all’esterno, malgrado il sole della prima giornata davvero
primaverile di quest’aprile.
   
Tutto è iniziato con un breve corteo dietro il feretro,
coperto dallo stendardo del principe, dal suo berretto e dalla
sua sciabola di ufficiale di Marina sul cassone della Land Rover
verde militare che lo scomparso – bastian contrario sino alla
fine – aveva fatto modificare in forma di stravagante carro
funebre in barba a tutte le tradizioni del cerimoniale. Corteo
guidato a piedi dall’erede al trono Carlo e dagli altri figli
della coppia reale (Anna, Andrea, Edoardo), seguiti da tre dei
nipoti William e Harry (figli di Carlo e Diana) e Peter Philips
(primogenito di Anna), dal genero Timothy Laurence e da David
Linley, figlio della principessa Margaret. Tutti in abiti
civili, e con Elisabetta separata nel tragitto a bordo d’una
Bentley reale.
   
Un ordine di precedenze concepito per evitare distrazioni,
con gli attesissimi principi William e Harry, al primo incontro
dopo il traumatico strappo del fratello minore dal casato e del
suo trasferimento in America assieme alla moglie Meghan, tenuti
separati dal protocollo. E peraltro ritrovatisi poi all’uscita
per una chiacchierata all’apparenza serena allargata a Kate,
consorte del primogenito.
   
Comparse, comunque, in una giornata dove a dominare è stato
il ricordo della personalità eccentrica di Prince Philip e del
suo incrollabile legame con la donna che per tutti era e resta
Sua Maestà la regina, ma per lui è stata Lillibet fin da quando
s’incontrarono ragazzi. Oltre alla commozione dei loro quattro
figli, testimoniata in particolare in primo piano dai due più
anziani: l’eterno erede Carlo e Anna, ormai entrambi
ultrasettantenni, incapaci di celare gli occhi lucidi l’uno,
addirittura i singhiozzi sotto la veletta nera l’altra. Ricordo
riecheggiato in tanti dettagli, dallo schieramento dei reparti
in alta uniforme, alla presenza del calesse favorito, alla
scelta di musiche e preghiere predisposta con cura dal defunto
per una liturgia tanto rigorosa quanto snella. Inni e orazioni
legati alla tradizione marinara cara al duca, come pure all’eco
di quella delle Chiese ortodosse greca e russa, in ossequio alle
radici del consorte di Elisabetta: nato Filippos a Corfù nella
famiglia reale di Grecia, con sangue tedesco, russo e danese
nelle vene, e sbarcato come esule e outsider Oltremanica fino a
diventare nelle parole del royal correspondent Duncan Larcombe
“il richiedente asilo di maggior successo nella storia
britannica”. Il tutto condito da poche parole di omaggio
pubblico affidate ai concelebranti, il rettore di Windsor, David
Connor, e l’arcivescovo anglicano di Canterbury, Justin Welby,
in assenza d’un vero e proprio elogio funebre, secondo i gusti
di un uomo che amava andare per le spicce persino come fedele,
sino a minacciare una volta – scherzando fino a un certo punto –
di far rinchiudere un vescovo “nella Torre di Londra” se la sua
omelia fosse durata “più di 8 minuti”.
   
“Siamo qui oggi nella Cappella di St George per affidare alle
mani di Dio l’anima del suo servo il Principe Filippo, Duca
d’Edimburgo”, s’è limitato a dire Connor, esprimendo “la
gratitudine” dei presenti per “la sua lunga vita”. Non senza
esaltarne “la lealtà infrangibile alla nostra Regina, il suo
servizio alla nazione e al Commonwealth, il suo coraggio, la sua
fede”, ma pure “l’humour” caustico e “l’umanità”. Forse ciò che
mancherà di più a Elisabetta. (ANSA).
   

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