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Pompei, Osanna: “Il carro salvo per un soffio”

Nati da una indagine della Procura di Torre Annunziata, gli scavi della Villa di Civita Giuliana, avviati nel 2017, hanno permesso di individuare lo scempio di decine di lunghissimi cunicoli scavati con dovizia di attrezzature, negli anni, dai tombaroli locali – uno dei quali abita proprio sopra all’antica villa – e di fermarne l’attività. “Gente abile – confida all’ANSA il responsabile scientifico e direttore uscente del Parco archeologico di Pompei Massimo Osanna- che per un soffio non è arrivata a portare via anche il sontuoso carro che abbiamo appena riportato alla luce: uno dei loro cunicoli quasi sfiorava il punto in cui lo abbiamo ritrovato”.
    Anche per questo, dice, e visto che tutti gli imputati del processo attualmente in corso sono a piede libero, una volta fatta la scoperta – era il 7 gennaio 2021 – si è deciso di procedere in tutta fretta “lavorando pure il sabato e la domenica” per non dare spazio a “fughe di notizie e alla possibilità che i criminali potessero precederci”.
    Un compito difficile e complesso, sottolinea l’archeologo, “perché questo nuovo reperto si trovava sei metri sotto il piano stradale e ci siamo accorti subito che si trattava un gioiello senza precedenti, per di più estremanente delicato, fragilissimo”. Per liberare il carro a quattro ruote dalle concrezioni di cenere, sono intervenuti archeologi, architetti , ingegneri, restauratori, vulcanologi, operai specializzati. E poi, mano mano che lo scavo avanzava, anche paleobotanici e antropologi. Una squadra composita di tante professionalità impegnata a mettere in salvo ogni più piccolo particolare di quello che è stato individuato subito come un “reperto eccezionale”, un tipo di carro largamente citato nelle fonti antiche eppure mai emerso prima d’ora da uno scavo archeologico.
    Identificato nell’antico Pilentum, un veicolo usato per le cerimonie e i culti, il carro di Civita Giuliana si compone di un leggero cassone in legno dipinto che poggia su quattro alte ruote di ferro connesse tra loro da un sistema meccanico di avanzata tecnologia. Sul cassone, il cui retro e le cui fiancate sono decorate a rilievo in bronzo e stagno, era prevista una seduta, contornata da braccioli e da schienali metallici, per uno o due individui. Decorazioni molto ricche, che sui due lati lunghi vedono “l’alternanza di lamine bronzee intagliate e pannelli lignei dipinti in rosso e nero”, mentre il retro è ancora più spettacolare, impreziosito da quello che gli studiosi definiscono “un articolato sistema decorativo che prevede tre distinti registri con una successione di medaglioni in bronzo e stagno con scene figurate a sfondo erotico”. Le analisi archeobotaniche hanno dimostrato che si trattava di legno di faggio “particolarmente adatto a questo tipo di lavorazione”.
    Non solo: proprio in una stalla adiacente al portico dove è stato trovato il carro, erano stati scoperti, nel 2018, i resti di tre cavalli sauri. Uno in particolare aveva ancora addosso ricche bardature in bronzo. E’ possibile, ragiona Osanna, che si trattasse proprio del sauro addetto alla conduzione del Pilentum. L’unico precedente conosciuto di questo tipo di carri è stato trovato 15 anni fa nella zona dell’antica Tracia, ovvero nella Grecia settentrionale, vicino alla Bulgaria, all’interno di una tomba con 4 sepolture e 5 carri. “Uno di questi è molto simile al nostro, ma senza decorazioni”, spiega l’archeologo, che si è già messo in contatto con il responsabile del sito greco e vuole avviare uno studio comparato. Intanto resta la gratitudine per gli investigatori e i magistrati, il procuratore capo di Torre Annunziata Nunzio Fragliasso e il Procuratore aggiunto Giampaolo Filippelli, con i quali è stato sottoscritto un accordo per il contrasto al saccheggio dei siti archeologici e al traffico di opere d’arte: “Se l’intera operazione non fosse stata avviata grazie alla sinergia con la Procura di Torre Annunziata, avremmo perso documenti straordinari per la conoscenza del mondo antico” (ANSA).
   

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