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Dieci ministeri in ritardo con i pagamenti nel 2020

Nel 2020 sono stati 10 i ministeri, su un totale di 12, che hanno pagato i forniitori in ritardo rispetto alle disposizioni previste dalla Direttiva europea, in moltissimi casi peggiorando lo score registrato nel biennio precedente e confermando un trend che relega la nostra Pubblica Amministrazione tra le peggiori pagatrici d’Europa. Lo afferma una rilevazione compiuta dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre (Venezia).
    La situazione più critica relativa all’Indicatore di Tempestività nei Pagamenti (Itp) riguarda il Ministero dell’Interno, che ha saldato le fatture ricevute con un ritardo medio di oltre 62 giorni. Seguono il Ministero della Difesa con oltre 36, il Mise con quasi 28 e il Mit con quasi 27. Gli unici dicasteri che hanno anticipato il saldo fattura rispetto alle scadenze previste dalla legge sono il Miur (-7,27) e gli Affari Esteri (-20,34). In Italia, ricorda la Cgia, il volume d’affari che ruota attorno alle commesse di tutta la Pa ammonta complessivamente a circa 140 miliardi di euro all’anno, e il numero delle imprese fornitrici si aggira attorno al milione.
    La situazione rimane molto difficile soprattutto nelle Pa del Sud. Come esempio, il Comune di Salerno ha liquidato i propri fornitori con 360 giorni medi di ritardo, quello di Napoli con 314, Lecce con 85, Avellino con 69, Reggio Calabria con 653, l’Asl Napoli 1 Centro con 53, l’Asl di Benevento con 52, il Comune dell’Aquila con 51, Catania e la Regione Campania entrambe con 48 e il Comune di Palermo con 31. Anche lo score del Comune di Torino è stato molto preoccupante: +145 giorni il ritardo medio registrato sempre nel 2020. 

L’aspetto più paradossale di questa vicenda – sottolinea l’associazione artigiani – è che non si conosce con precisione a quanto ammonta il debito commerciale della nostra Pa, sebbene le imprese che lavorano per il pubblico siano obbligate da qualche anno a emettere la fattura elettronica. La piattaforma per la fatturazione dei fornitori è lo SdI (Sistema di Interscambio) che la smista all’ente o alla struttura pubblica a cui è indirizzata. I dati vengono acquisiti dalla Piattaforma dei Crediti Commerciali (Pcc) che dovrebbe registrare tutti i pagamenti riconducibili alle transazioni commerciali della Pa. Per intercettare la totalità delle transazioni è stato istituito il “Siope+”, un sistema di rilevazione telematica degli incassi e dei pagamenti degli enti pubblici. Sebbene questa modalità sia iniziata gradualmente e diventata poi operativa a tutti gli effetti a partire dal luglio del 2017, il Mef non conosce ancora a quanto ammonta complessivamente il debito commerciale in capo a tutte le Amministrazioni pubbliche con i propri fornitori, molto probabilmente perché una buona parte dei committenti pubblici, in particolar modo gli enti periferici, continuano a effettuare i pagamenti senza transitare per la piattaforma e con scadenze ben superiori a quelle fissate dalla legge. Secondo i dati Eurostat di ottobre, negli ultimi 4 anni i debiti commerciali nel nostro Paese di sola parte corrente sono in costante aumento. Secondo le stime redatte a livello europeo, nel 2019 lo stock avrebbe toccato i 47,4 miliardi di euro.

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