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Liliana Cavani, il mio nuovo film sul tempo

“La sceneggiatura è pronta da due mesi, ora cominciamo ad entrare nella fase di preparazione, io spero di essere sul set a primavera”: Liliana Cavani, classe 1933, tenace, appassionata, lucida osservatrice della realtà, parla all’ANSA con speranza del progetto cui ha lavorato e che la riporterà sul set dopo tanti anni. “E’ una riflessione sul tempo, un concetto difficile da definire, che appartiene al vissuto di tutti noi e che però ha leggi fisiche, matematiche. Mi hanno affascinato i libri di Carlo Rovelli, L’ordine del tempo in particolare, ci siamo conosciuti anche abbastanza casualmente, abbiamo dialogato a lungo e ne è nata l’idea di un film ispirato ai suoi libri e la sceneggiatura è firmata anche da lui. Lo produce la Indiana Production”.

La riflessione sul tempo che la Cavani conta di trasporre in un film di finzione arriva in un momento di grande riscoperta del lavoro di questa cineasta, cui Rai Storia ha dedicato un lungo ciclo, 10 puntate, ‘La Tv di Liliana Cavani. Un romanzo di formazione’, che ha fatto conoscere alle nuove generazioni di spettatori o rivedere alla vecchia platea opere che sono dei capolavori del documentario, film-inchiesta che sono documenti storici realizzati soprattutto in un’epoca, la tv di Bernabei, che storicamente ha contribuito all’alfabetizzazione del Paese e alla sua ricostruzione per tutti gli anni ’60. Un’esperienza per l’allora giovane regista Cavani che ha segnato la sua vita artistica. Un “romanzo di formazione” che Rai Cultura, con la collaborazione di Rai Teche, ha ricostruito nel ciclo di dieci puntate, firmato da Massimo Bernardini, Alessandra Bisegna, Sara Chiaretti, Giovanni de Luna che si conclude domani mercoledì 2 dicembre alle 21 su Rai Storia con Francesco (1966).

“Doveva essere un documentario per ricordare il santo patrono invece – racconta all’ANSA la regista di Carpi – divenne un film, anzi il primo film in assoluto prodotto dalla Rai. Non ero particolarmente legata alla figura di Francesco fino al colpo di fulmine con questo film, al punto da farne altre due opere dedicate a lui. E’ una figura immensa, un uomo che ha avuto una visione incredibile e quando papa Bergoglio annunciò di volersi chiamare Francesco ho avuto una grande gioia, lo dico da laica come sono sempre stata. Francesco rimanda alla fraternitas, alla responsabilità sociale gli uni per gli altri. Il suo è un messaggio, non a caso il papa vi ha dedicato due encicliche, rivoluzionario e di una modernità incredibile”.

Scelse Lou Castel, l’attore dei Pugni in tasca di Bellocchio, “girammo ad Assisi nel novembre del ’65 con pochi mezzi ma una troupe eccelsa. Non andò proprio liscia, ci furono reazioni contrastanti, discussioni sulla messa in onda che poi fu in due parti. “Per fortuna – ricorda – monsignor Angelicchio, responsabile del centro cattolico cinematografico, si assunse la responsabilità di dare l’ok. E poi oltre alla tv andò anche a Venezia dove ha avuto critiche positive”. In quegli anni a Liliana Cavani diplomata al Centro Sperimentale di Cinematografia si era aperta una carriera alla Rai: “Vinsi uno di quei rari concorsi, eravamo 11mila per 30 posti, presero Umberto Eco, Angelo Guglielmi, Sergio Silva, Enzo Siciliano e vari altri. Cominciai a fare un documentario dietro l’altro, una decina in pochi anni, tutti interessanti, mi definivano ‘l’allieva di Rossellini’ che nel frattempo aveva fatto il suo su Luigi XIV, ci invitavano insieme nei dibattiti”. Tra questi film che per questo ciclo Rai Storia ha ritrasmesso, ci sono documenti eccezionali come Le donne nella Resistenza, il racconto del Terzo Reich (“che l’ambasciata tedesca fece capire di non gradire”), l’età di Stalin. “Si stava aprendo una carriera dentro la Rai, ma io non accettai, io volevo lavorare al cinema, volevo fare altro”.

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Poi alla Rai è tornata però da consigliera del cda, “sono durata un paio d’anni, poi per motivi politici rinnovarono il consiglio, ma sono fiera di essermi battuta per la creazione della 01, per ridurre gli acquisti dall’estero e sostenere il nostro cinema”. Ci furono anche delusioni? “Si, feci una decina di viaggi per incontrare i dirigenti delle tv pubbliche europee, credevamo tutti alla necessità di una produzione europea di cinema e tv. Non si è mai fatto nulla di concreto e sono dell’idea che sia stato un male, perché all’Europa io credo ancora”. Francesco del ’66 fu il suo ultimo lavoro Rai, poi la sua carriera cinematografica, Il portiere di notte, La pelle, ancora Francesco, oggi con la tv in che rapporti è? “Alti e bassi, la guardo ma di tanto in tanto, non sto attaccata allo schermo per quanto si trovi ormai di tutto, anche il buon cinema, ma a me piace andare in sala, sono una spettatrice appassionata e non vedo l’ora che le sale riaprano per tornarci”.

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