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'Il coraggio delle donne', brano da libro Maraini- Valentini

Per gentile concessione de Il Mulino pubblichiamo un estratto da ‘Il coraggio delle donne’ di Dacia Maraini e Chiara Valentini. “Può darsi che nel campo simbolico il dominio maschile sia stato intaccato, ma nella prassi mi sembra che siamo ancora lontane. È vero che le donne sono diventate più consapevoli e combattive, ma è anche vero che le richieste di autonomia e di rispetto per la loro professionalità hanno suscitato un’ondata di rancore, odio e violenza. Fra l’altro, proprio mentre scriviamo, stiamo attraversando un momento bruttissimo, in cui prevalgono la paura, il sospetto e l’odio, tutti sentimenti che nella storia hanno portato alla guerra. Spero solo che questo istinto bellicoso si fermi al linguaggio e alla rete, ma vedo che la politica non è capace di proporre dei valori diversi da quelli che primeggiano nei cuori irosi di chi perde il lavoro, di chi vede nell’immigrato un nemico da distruggere, di chi diffida delle istituzioni democratiche e vuole affidarsi a un dittatore autoritario. Le premesse ci sono già tutte e mi sembra di tornare indietro nel tempo.
    Io ho già subito una guerra e non vorrei trovarmi in mezzo a un’altra. Il fatto è che molti giovani, molte ragazze, non sanno cosa significhi una guerra e la possono anche vedere come una rapida e utile soluzione.
    Penso alle enormi folle disperate per l’uccisione del loro capo militare che sfilano dietro la bara in Iran inneggiando alla vendetta, evidentemente già pronte a forme di violenza istituzionalizzata. In mezzo a loro ho visto molte donne furibonde, anche se coperte da capo a piedi.
    Dalla parte delle proteste pacifiche, invece, mi sono venute in mente le immagini di quelle ragazze iraniane sole, in piedi su un muretto, che tenevano ritto davanti a sé un bastone con appeso il velo che si erano tolte dalla testa. Una visione per me commovente. Poi abbiamo saputo che sono state tutte denunciate e messe in prigione.
    A questo proposito sono assolutamente contraria al relativismo, tipico atteggiamento di una certa sinistra massimalista, che per rispettare le culture ‘altre’, accetta la mutilazione sessuale (è un’antica pratica del paese, fa parte delle loro radici e tradizioni, dobbiamo rispettarla… ecc.), tollera la lapidazione, lo stupro come arma di repressione. Per me i diritti civili appartengono a tutti. La violenza contro il corpo femminile non è giustificabile per nessuna ragione. E le donne lo sanno ma spesso sono costrette ad accettarla. Spesso, e la cosa è grave, per mancanza di una cultura autonoma, le donne hanno introiettato il concetto di minorità che accompagna il loro sesso, finendo per diventare le poliziotte che difendono le leggi dei padri.
    Prima di Franca Viola cosa facevano le donne che venivano rapite o costrette al matrimonio riparatore? Accettavano. Credi che non sapessero quanto fosse odiosa quell’abitudine? Eppure non ritenevano di avere il diritto di ribellarsi a quella legge che in molti facevano loro apparire come scesa dall’alto dei cieli, un destino femminile a cui non potevano sottrarsi. Franca Viola ha rotto il patto scellerato e quasi senza volerlo ha compiuto un atto storico, che ha cambiato il punto di vista di un’intera generazione. Ha fatto capire che si poteva dire di no, che non si trattava di un destino, ma di un abuso. La sua azione esemplare ha tolto la benda dagli occhi a molte donne e ha messo molti uomini di fronte a una questione di diritti civili e umani.
    Spesso, certi casi esemplari hanno il potere di cambiare il punto di vista collettivo. Mi viene in mente la favola del re che compra la stoffa che non esiste per farsi un abito che non c’è, poiché tutti dicono di vederla, quella tela, e la lodano come magnifica. Solo un bambino innocente dice: «Ma il re è nudo». E da quel momento nessuno può fare finta di non vedere che la stoffa non c’era, che dietro quel teatro collettivo si manifestavano solo una menzogna e uno stupido conformismo”.
    (ANSA).
   

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