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Teatro 'occupato' dall'arte, è Donizetti Opera Bergamo

MILANO – In un teatro occupato, ieri è ufficialmente iniziato il Donizetti Opera Festival di Bergamo, rassegna internazionale andata in scena nonostante l’emergenza Covid e le regole anti-contagio. Occupato in questo caso dall’arte che si è voluta far sentire per dire a voce forte che “la cultura è un bene necessario per tutti” in una sala che ha riaperto per l’occasione dopo un restauro durato tre anni. E così Martino Faliero – opera politica di Gaetano Donizetti per cui Giuseppe Mazzini aveva una predilezione – nell’allestimento di Ricci/Forte con l’orchestra sul palcoscenico e i cantanti a muoversi lungo passerelle allestite in platea, ha voluto avere “una valenza politica – ha spiegato il regista Stefano Ricci – in un momento in cui il settore della cultura è privato della possibilità di esprimersi”.

In un mondo che cambia (come la Venezia trecentesca di Marino Faliero, unico doge condannato a morte, o come la Bergamo, ma non solo, investita dalla pandemia) ci si aggrappa alle balaustre delle passerelle, forse inutilmente, cercando una via d’uscita. Una via d’uscita dalle norme anticovid in realtà Ricci è riuscito a trovarla rendendo l’azione grazie anche alla presenza di sette mimi, anzi performer, comunque scenica, nonostante il cast mantenga le distanze, in un’ambientazione in cui anche il podio del direttore d’orchestra Riccardo Frizza, circondato da plexiglas, rende l’idea di un passato distopico come il presente.

Un’atmosfera esaltata dai costumi e dalle maschere di Gianluca Sbicca, dalle coreografie di Marta Bevilacqua, dalle luci di Alessandro Carletti e dalle scene-cantiere di Marco Rossi. Il resto della magia l’hanno fatta la musica di Donizetti e i cantanti, dal protagonista Martino Faliero (il basso Michele Pertusi), alla sua ‘amata’ Elena (Francesca Dotto) che ama segretamente il nipote del doge (Michele Angelini chiamato a sostituire il tenore Javier Camarena che non è potuto arrivare a Bergamo). Ad esprimere tutta l’emozione il silenzio – a cui hanno potuto assistere gli spettatori in diretta su Rai5 e grazie alla web tv realizzata dal festival – una volte terminate le note.

L’arrivo sempre in silenzio sulle passerelle in platea dei protagonisti con indosso la mascherina, gli occhi lucidi fino alle lacrime di Francesca Dotto e poi l’applauso fragoroso, liberatorio, di tutte le persone che hanno accettato la scommessa di mettere in scena un’opera, di realizzare un festival e di fare cultura.

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