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Micaela Ramazzotti, sono la mamma anni '80 cuore e caos

 C’è caos e c’è amore, c’è vita e libertà nella storia molto autobiografica di Maledetta Primavera, il primo film di finzione di Elisa Amoruso dopo vari documentari (l’ultimo è Unposted su Chiara Ferragni), alla Festa di Roma e dal 12 novembre in sala con Bim, prodotta da Bibi e Rai Cinema. Per questa storia familiare, di adulti e di bambini, di contrasti e di crescita ha avuto nel cast Micaela Ramazzotti e Giampaolo Morelli, i genitori Laura e Enzo, il Pinocchio di Garrone Federico Ielapi e la debuttante Emma Fasano nel ruolo della protagonista, l’adolescente Nina insieme ad un’altra esordiente, Manon Bresch, Sirley. Quest’ultima – una ragazza della Guyana dolente e sola, ribelle e libera – ha dato anche il titolo al romanzo della stessa Amoruso pubblicato da Fandango.
    Al centro c’è Nina che cerca di mantenere dritta la barra di una famiglia confusionaria, dove i genitori litigano continuamente e a loro modo si amano, dove si cambiano case perchè non si riesce a pagare il mutuo, dove i genitori sembrano un po’ i figli e i figli genitori. Nina e il fratellino pestifero, sono costretti a cambiare quartiere dal centro alla periferia, nuove scuole, nuove amicizie da fare, mentre il papà Enzo esce di notte forse per giocare alle scommesse e la mamma Laura è sempre più isterica e insoddisfatta. L’incontro con Sirley apre le porte ad un percorso inatteso, come l’innamoramento da adolescente di una persona dello stesso sesso. “Questi genitori sono due bambini – dice all’ANSA Micaela Ramazzotti che in questi giorni è sul set del Caravaggio di Michele Placido – sempre a fare baruffa, presi da loro stessi dalle loro nevrosi con i figli quasi costretti all’autogestione. Io mi ricordo bene quell’epoca lì, sono stata una ragazzina libera che già da piccola tornava da sola a scuola, oggi invece siamo più protettivi, siamo genitori in ansia e apprensione perenne. Non parliamo poi di questo periodo di pandemia: li abbraccio questi ragazzi che perdono pezzi di vita per il virus, senza uscire, senza divertimento, costretti come è giusto fare alla massima protezione”. La Laura di Maledetta Primavera “è una donna – prosegue la Ramazzotti – che piange e ride, che è esaurita come si diceva negli anni ’90, e anche un po’ pazzarella”, un ruolo che l’attrice ha interpretato tante volte da La Prima cosa bella di Paolo Virzì a Anni Felici di Daniele Luchetti, per citarne solo un paio. “Mi vedono sempre così i registi, capace di interpretare l’imperfezione, la disperazione, il border line, una mattacchiona, passionale, tutta cuore. E io li accontento toccando un po’ le mie stesse corde. E’ diventato un clichè? Non lo so ad un certo punto farò una contessa algida dell’800 o una avvocatessa in carriera senza sentimenti, intanto faccio la prostituta Lena musa di Caravaggio che in lei vede la Madonna dei pellegrini”, ride la Ramazzotti.
    Maledetta Primavera (“una canzone cult, malinconica e allegra, che nella musicassetta si sentiva continuamente in macchina o a casa, diventata poi manifesto lgbt”, ha detto la Amoruso) mette in scena “il ricordo di quella famiglia incasinata che siamo stati – ha detto la regista – con un padre pazzo furioso che al posto del tavolo da pranzo comprava il tavolo da biliardo,”. E i suoi attori hanno cercato di assomigliare al vero. “Ho cercato di evitare la trappola di non staccarmi dal loro ricordo: siamo stati una famiglia particolare, 5 traslochi in un anno per dire, e la giusta distanza tra quella mia esperienza e la storia del film è stata una sfida”, ha aggiunto la Amoruso che al Centro sperimentale di cinematografia ha studiato sceneggiatura. Finito il set la Ramazzotti raggiungerà Giampaolo Morelli e il resto del cast per il red carpet all’Auditorium di Maledetta Primavera: “voglio sostenere il film, il festival e il cinema in sala, ma ammetto di essere fifona e di voler in questo periodo massima protezione. Spero – conclude nell’intervista – che l’incubo virus si dissolva, è una grande lotta di tutti, penso ai colleghi dello spettacolo dal vivo, alle persone che per lavorare attraversano le città in autobus affollati, ai miei figli e a tutti in ragazzi ‘forza!'”. 
   

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