
PECHINO – Le aziende europee in Cina temono sempre più le “punizioni arbitrarie” in un contesto di business più politicizzato, quando Bruxelles e Pechino si avviano a verificare la prossima settimana le possibilità di chiudere l’intesa sugli investimenti entro fine 2020: il rapporto annuale della Camera di commercio europea in Cina segnala inoltre le preoccupazioni sulle restrizioni ai viaggi imposte ai lavoratori stranieri a causa della pandemia del Covid-19 e sull’esclusione delle imprese straniere dai settori chiave dell’economia. “Le aziende sono state lasciate a navigare in un campo minato politico durante la crisi sanitaria di proporzioni anomale”, commenta il presidente della Camera Joerg Wuttke a corredo del rapporto di 410 pagine fatto coi contributi di gruppi di lavoro, sondaggi e commenti raccolti presso gli oltre 1.700 associati. Il ‘Position paper 2020/21’ mette in guardia anche dai rischi del deterioramento dei rapporti tra Cina ed Europa su questioni relative ai diritti umani, come il trattamento di Pechino della minoranza uigura musulmana dello Xinjiang e la nuova legge sulla sicurezza nazionale imposta a Hong Kong che potrebbe avere un grave impatto sulle aziende europee che fanno affari in Cina.
Le aziende europee “hanno ancora più motivo di credere che potrebbero diventare vittime di punizioni arbitrarie” a causa delle azioni dei governi dei Paesi d’origine contro la Cina, si legge nel rapporto che cita, ad esempio, l’imposizione a maggio di una tariffa superiore all’80% sull’import di orzo australiano a causa delle dure tensioni diplomatiche tra Canberra e Pechino. Le restrizioni sui viaggi imposte durante la pandemia hanno lasciato molti dipendenti di aziende Ue fuori dalla Cina. “Gli associati della Camera non possono fare a meno di chiedersi se tali azioni e inazioni siano indicative della mentalità più ampia secondo cui mentre capitale straniero e tecnologia sono desiderati, gli stranieri non lo sono”, rimarca il rapporto. La parte più corposa delle 800 raccomandazioni punta alla continua mancanza di apertura significativa del mercato a causa di ostacoli burocratici all’ingresso in settori come il bancario e l’assicurativo, mentre persiste il modello ‘una economia, due sistemi’, che divide privato e sistema delle società di Stato. Le energie rinnovabili, le telecomunicazioni e altri settori ad alta tecnologia con un forte potenziale di crescita si stanno restringendo agli investitori stranieri. Ad esempio, quanto alla reciprocità, Ericsson/Nokia hanno una quota marginale dell’11% in Cina, quando solo Huawei ne ha una del 40% in Europa.
