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Molecole, il silenzio di un padre e di Venezia

VENEZIA – “La fragilità della vita nel cuore di una Venezia che lentamente si svuota, meravigliosa e impaurita”. Questa la perfetta logline di MOLECOLE, docufilm di Andrea Segre che è allo stesso tempo una lunga lettera al padre, risorto nei ricordi al tempo della pandemia, e un omaggio a un’incantevole Venezia stupendamente vuota. Il docu-film, pre-apertura alla 77/a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica (2-12 settembre) e in sala dal 3 settembre con Zalab Film in collaborazione con Lucky Red, racconta di una forzosa pausa, quella vissuta dal regista tra febbraio e aprile di quest’anno, causa Covid.

Bloccato dal lockdown a Venezia, la città di suo padre, dove stava lavorando su due grandi temi della città, il turismo e l’acqua alta, Segre si ritrova così in una Venezia vuota con la quale fare i conti. Allora, come è capitato un po’ a tutti nel lockdown, ha messo mano ai ricordi che ha trovato nella casa di famiglia. Tra questi, i super8 del padre Ulderico, ordinario a Modena e Reggio Emilia di Chimica e Fisica, quel genitore troppo silenzioso che aveva sempre poco da dirgli. “Il silenzio di Venezia durante la pandemia, non so perché – dice il regista all’ANSA – mi ha ricondotto al silenzio di mio padre. Poi, tornato a Roma, ho trovato le lettere che avevo scritto a papà alle quali non ha mai risposto, anche se mia madre mi ha detto che le conservava con molta cura”.

Ai ricordi personali si alternano nel film incontri con veneziani che raccontano, ognuno a modo suo, la loro Venezia, il rapporto con l’acqua alta e il turismo e, soprattutto, quella città che non c’è più e che per certi versi ricompare ora nel grande vuoto del Covid. “Per fare un film bisogna pensarlo, scriverlo, organizzarlo, girarlo. Per MOLECOLE non c’è stato nulla di tutto ciò – spiega Segre -. Non mi sono nemmeno accorto di girarlo. L’ho vissuto ed è uscito da solo, in un tempo e una dimensione che non potevo prevedere e che non ho saputo contenere. MOLECOLE è sgorgato. Come l’acqua”. In questo film, “il mio più personale” dice Segre, tanti i temi anche solo accennati: il rapporto inevitabile tra l’uomo e il suo destino, già trattato ne Lo straniero di Camus (Il libro preferito dal padre); il senso del tempo che passa, ma anche la leggerezza di quella cultura popolare che a un certo punto fa dire sulla pesca: “Se ti sposi sei felice una settimana/ Se ammazzi un maiale un mese / Se impari a pescare tutta una vita”. “Queste leggerezze, magie che si incontrano quando si gira un documentario, sono le cose che me lo fanno amare. Un docu regala sempre queste cose che sono un po’ un grande mistero tra realtà e favola”.

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