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Campogrande, torna MiTo con pandemia scopriamo pubblico nuovo

Ed ora qualcosa di completamente diverso: il titolo del film dei Monthy Pyton potrebbe essere lo slogan dell’edizione 2020 di MiTo, il festival che ogni anno a settembre inonda Torino e Milano di musica con concerti a prezzi stracciati, e che quest’anno torna dal 4 al 19 settembre con un cartellone che ha fatto i conti con l’emergenza Coronavirus. Nel bene e nel male. Il male si conosce: posti contingentati, distanziamento, frontiere più o meno chiuse, meno concerti (80), budget ridotto a 3,2 milioni di euro, concerti di durata limitata per evitare gli intervalli. I lati positivi invece sono anche sorprendenti: da concerti a orari inusuali a programmi insoliti. “Causa pandemia il festival suonerà italiano – ha spiegato il direttore artistico Nicola Campogrande -. Sarà un modo per avere un quadro del modo in cui gli italiani suonano la musica classica”. Il cast, infatti, per la chiusura delle frontiere nel lockdown ma anche per dare sostegno agli artisti del nostro Paese è completamente italiano: grandi orchestre e direttori (da laVerdi, che aprirà la manifestazione diretta da Daniele Rustioni, all’orchestra della Rai con Michele Mariotti, all’orchestra del Regio di Torino con Sesto Quadrini) e grandi solisti come i violoncellisti Giovanni Sollima, Enrico Dindo e Mario Brunello, pianisti come Antonio Ballista e Bruno Canino (in coppia), Emanuele Arciuli, Benedetto Lupo, la violinista Francesca Dego. E sempre causa Covid cambiano gli orari. Per il contingentamento dei posti (che in Piemonte non permette di superare i 200 spettatori al chiuso, a differenza della Lombardia, dove la capienza dipende dalla grandezza delle sale) a Torino i concerti avranno un ‘doppio turno’, un primo spettacolo alle 20 e un secondo alle 22:30, che ha permesso di scoprire “un nuovo pubblico. Ci sono persone che preferiscono questo orario abbiamo scoperto”. “”L’edizione di quest’anno – ha spiegato Campogrande – è stata costruita con estrema difficoltà ed enorme entusiasmo ma farla e farla al meglio non è mai stato in discussione”. E “dalla reazione del pubblico che è corso a comperare i biglietti – ha aggiunto Campogrande – esco rafforzato che la musica classica sia un’esigenza vitale. In un periodo come questo l’abitudine al pensiero mi sembra importante i il populismo all’americana passa. E la musica classica, anche se è immediatamente bella, è stratificata, ha diverse chiavi di lettura come il mondo di oggi che è complesso”. E quindi “non è realistico rinunciare al festival.Mi hanno già dato l’incarico di progettare l’edizione 2021 ma non so quali saranno le condizioni del pianeta. Quindi l’unica certezza per l’edizione dell’anno prossimo è che la faremo, e non replicheremo qualcosa di già fatto” ma invece appunto qualcosa di completamente diverso.

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