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High Life, un'astronave-prigione verso il nulla

ROMA – ‘High Life’ ha un sapore acido, disturbante, morboso come anticipa già la prima sequenza dove un astronauta, Monte (Robert Pattinson), cerca di riparare la sua navicella dall’esterno, mentre è collegato in interfono con la sua bambina di pochi mesi che gli urla nel casco. Una figlia che non è affatto lontana, ma vicina a lui in una nave spaziale senza cromature e porte scorrevoli, alla deriva nel sistema solare e animata dalle sole pulsioni umane. Si entra così in punta di piedi e abbastanza frastornati in quest’opera di Claire Denis, in sala dal 6 agosto con Movie Inspired, e appena designata Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani (SNCCI).

Ora questa nave nello spazio di ‘High Life’, che ricorda sicuramente quella di Solaris ed è altrettanto allucinogena come quella del film di Tarkowskij, ha un equipaggio composto da un gruppo di prigionieri condannati all’ergastolo che ha commutato la pena in un eterno navigare nello spazio verso un inquietante buco nero. E questo alla ricerca di risorse energetiche alternative e di nuove forme di riproduzione utili per la Terra. Ma su questa nave di dannati, la più dannata è la dottoressa Dibs (Juliette Binoche), scienziata ossessionata dagli esperimenti di riproduzione, una sorta di ape regina che impone ai suoi prigionieri di raccogliere il loro sperma, con il più umiliante dei metodi, per i suoi improbabili esperimenti volti a ripopolare un’umanità esangue. A sopravvivere però ormai sulla nave sono rimasti solo Monte e Willow, la bambina nata da un esperimento riuscito di questa sulfurea dottoressa che ama frequentare occasionalmente, in questa nave piena di pulsioni di morte, una sorta di fuck box, la stessa utilizzata degli ergastolani, dove si può praticare una sorta di onanismo assistito.

“I personaggi del film non sono esseri umani convenzionali, ma piuttosto bestiali e primari – dice Pattinson – . Dopo anni e anni rinchiusi in prigione, nessuno di loro sa dove sta andando e cosa sta facendo lì. Tutti si lasciano andare e la stessa concezione del tempo scompare, perché mentre loro sono nello spazio, sulla terra sono passati centinaia di anni, quindi perché continuare a vivere? Per chi, per cosa? È un vero problema esistenziale per loro” . Spiega invece Claire Denis, regista francese dal cuore batailliano: “È sempre lo stesso. Jean-Pol (il suo collaboratore di sempre, ovvero Jean-Pol Fargeau) ed io abbiamo bisogno di avere un’idea del film che vogliamo realizzare, e poi, quando iniziamo a lavorarci, capire qual è l’inizio e come entreremo nella storia. Questa volta abbiamo sentito che un modo bellissimo per iniziare la storia sarebbe stato far vedere un bambino da solo in un’astronave, che parla con suo padre fuori, sul tetto. Quindi, non appena puoi contare su queste solide fondamenta, sai che il resto funzionerà”. Infine una curiosità: il critico David Ehrlich di IndieWire.com posiziona la pellicola al 15/o posto dei migliori film del 2019.

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