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Pompei celebra la vanità femminile dall' età del Bronzo

Si intitola “”Venustas. Grazia e bellezza a Pompei” la Mostra inaugurata questa mattina nella Palestra grande del Parco Archeologico dal direttore generale, Massimo Osanna, e che mette in vetrina i reperti della cosmesi femminile a partire dall’età del Bronzo (XV sec a. C.) e dell’età del Ferro (VIII – VII sec a. C., fino ai gioielli in oro rinvenuti dagli scavi dela Casa di Helvius Severus, la Casa della Venere in bikini, nota per la statuetta omonima di Venere, la Casa di L. Caelius Ianuarius. La “fiera delle vanità” parte, quindi, da lontano,con spilloni e spille in osso, ambra e bronzo, che adoperavano le donne del villaggio primitivo di Longola Poggiomarino. Erano ornamenti tipici di un abitato protostorico che dava una particolare attenzione all’ambra e alle decorazioni con forme di animali come amuleti contro la malasorte. Nelle vetrine della mostra seguono i reperti legati alla cosmesi e all’ornamento rinvenuti nelle tombe femminili della necropoli protostorica di Striano (VIII-VII sec a.C.). Per poi passare agli ornamenti dell’età arcaica e classica a Stabia (necropoli di S. Maria delle Grazie) con i vari oggetti rinvenuti nelle tombe femminili del VI e V sec a. C., fibule e suppellettili che accompagnavano la defunta nell’aldilà.
Creme, trucchi, bagni di profumo, specchi per ammirarsi, ornamenti per abiti e gioielli, amuleti, statuette e preziosi dedicati agli dei sono oggetti di vezzo e di moda con i quali, durante i millenni, le donne hanno inseguito un’ideale di perfezione e di bellezza. La mostra, che terminerà il 31 gennaio del prossimo anno, è organizzata dal Parco archeologico di Pompei ed è suddivisa in 19 vetrine che seguono un excursus cronologico atraverso l’esposizione di circa 300 reperti.
La sezione più affascinante è quella che riguarda Pompei, perché, a partire dal I secolo d.C., grazie ad alcune leggi promulgate da Augusto nel 9 d.C. , che concessero la libertà di gestire il patrimonio alle spose fedeli e fertili, la donna romana divenne più attenta alla cura del proprio aspetto e cominciò ad ornarsi di gioielli, trucchi, profumi e vesti preziose. Ampio spazio, quindi, alle attività estetiche praticate dalle pompeiane i cui gioielli e profumi sono tutt’oggi copiati e indossati dalle donne moderne. Si tratta di oggetti e aromi che venivano dedicati agli dei le cui essenze erano – e sono tuttora – costosissime. Persino gli ex voto per chiedere protezione prevedevano statuette di divinità ornate di gioielli. Le donne utilizzavano oggetti per l’igiene (pinzette, bastoncini in bronzo e osso per pulire le orecchie), veri e propri set da bagno (lo strigile, le boccette con l’olio). E, ancora, oggetti da toeletta, come pissidi in osso e bronzo (contenitori per creme e trucchi), con spatole e cucchiaini per amalgamare e spalmare le sostanze cosmetiche. E profumi, il cui uso risale all’Egitto faraonico, noto centro di produzione e esportazione, a cui si affiancavano Napoli, Capua, Paestum e in misura minore la stessa Pompei, dove il profumo divenne simbolo di lusso ed esibizione di status sociale.
Non da meno sono i tantissimi ori da Pompei, anelli, orecchini, bracciali, armille (bracciali portati sul braccio o sull’avambraccio) e collane. Tra i bellissimi esemplari di oro, ve ne sono alcuni ritrovati sul corpo delle vittime, come l’armilla di una donna rinvenuta nella Casa del bracciale d’oro, o quella con la scritta “Dominus ancillae sua” (Il padrone alla sua schiava) da Moregine, alla periferia meridionale di Pompei.

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