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Dallo sbarco al tribunale, il caso Open Arms

Era il 20 agosto dello scorso anno quando il procuratore capo di Agrigento, Luigi Patronaggio, e l’aggiunto Salvatore Vella disposero il sequestro preventivo della Open Arms – nave da ricerca e soccorso della omonima Ong spagnola – e l’immediato sbarco dei migranti a bordo. Il fascicolo d’inchiesta, a carico di ignoti, era stato aperto per omissione e rifiuto di atti d’ufficio e per sequestro di persona.

Patronaggio, parlando “di situazione esplosiva”, raggiunse subito Lampedusa con un elicottero della Guardia costiera. Fu quello il giorno dell’ispezione all‘Open Arms da dove gli immigrati (ne erano rimasti a bordo 88 degli iniziali 164 soccorsi in acque Sar libiche) continuavano a gettarsi in mare, sperando di riuscire a raggiungere la costa. Lo stesso giorno, il ministero della Difesa spagnolo annunciò che la nave militare Audaz era diretta verso Lampedusa (tre giorni di navigazione) per recuperare i migranti bloccati da 19 giorni sulla Open Arms e per portarli a Maiorca, nelle Baleari. Al momento dell’attracco al porto di Lampedusa, i migranti cantarono “Bella ciao”.

Il 29 agosto, il gip del tribunale di Agrigento, Stefano Zammuto, convalido’ il sequestro. Secondo il capo dei pm, la mancata evacuazione della nave della Ong spagnola, che aveva salvato due gruppi di migranti, avrebbe messo a rischio “la sicurezza dei migranti a bordo, dell’equipaggio e delle stesse forze di polizia impegnate a garantire la sicurezza in mare”. La nave venne restituita pero’ alla Ong perche’ per il giudice “non sussistono, dopo l’evacuazione e il soccorso dei migranti, – scriveva, allora, Zammuto – esigenze probatorie anche in considerazione del fatto che non si ascrive all’organizzazione e all’equipaggio alcuna responsabilita'”. La nave, nel frattempo spostata a Porto Empedocle, rimase però ferma: la Guardia costiera aveva disposto infatti il fermo amministrativo per gravi anomalie relative alla sicurezza della navigazione, al rispetto della normativa in materia di tutela dell’ambiente marino.

All’inizio di ottobre, i pm di Agrigento si recarono al Viminale, a Roma, per individuare chi non aveva dato il via libera agli approdi nei casi della Sea Watch 3 e della Open Arms. A meta’ novembre, per sequestro di persona e omissione d’atti d’ufficio in concorso – reati commessi a Roma dal 14 al 20 agosto – l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini venne iscritto, dalla Procura di Agrigento, nel registro degli indagati e le carte vennero trasmesse a Palermo. Il 29 novembre, la Procura di Palermo invio’ gli atti relativi al procedimento a carico di Salvini al tribunale dei ministri.

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Il primo febbraio scorso, il tribunale dei ministri di Palermo chiese al Senato l’autorizzazione a procedere. A carico dell’ex ministro, l’accusa di sequestro di persona e omissione d’atti d’ufficio in concorso. Il 26 maggio scorso la decisione della Giunta per le immunita’ del Senato che ha respinto la richiesta di autorizzazione a procedere. Ora è arrivato il responso definitivo dell’Aula.

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