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Avallone, combattiamo l'indifferenza

E’ entrata dentro quella “pagina crudele, insensata e irrisolta” di cui non può avere un ricordo Silvia Avallone, ma che ha saputo raccontare immergendosi nelle storie di quelle vite spezzate il 2 agosto 1980 quando alle 10:25 è esplosa una bomba alla stazione di Bologna.
    A 40 anni da quella strage, con 85 morti e 200 feriti, l’autrice di bestseller come ‘Acciaio’, vincitrice del Campiello Opera Prima, nata nel 1984, ha saputo dar voce a tutto questo in un testo inedito, scritto e letto per il documentario di Rai Teche ‘La bomba. 2 agosto 1980, la strage dell’umile Italia’. Da un’idea di Andrea Di Consoli, con la regia di Emilia Mastroianni, il documentario, che andrà in onda domenica 2 agosto a ‘Speciale Tg1′, in seconda serata su Rai1, è una fotografia dello sgomento e smarrimento del Paese, non entra nella complessa vicenda giudiziaria e nelle tante piste inquirenti sui moventi della strage. “E’ estremamente importante che le nuove generazioni, che non possono avere un ricordo di quel giorno, sappiano cosa è successo. Noi non c’eravamo ma è una storia che ci appartiene, che ci riguarda. Ho sentito forte il richiamo alla partecipazione, alla conoscenza perchè la Strage di Bologna fa parte della mia storia di cittadina italiana. E’ un dovere” dice all’ANSA la Avallone che ha scritto il testo nei giorni della pandemia.
    “La storia italiana recente, che magari non si riesce a studiare a scuola , dovrebbe avere sempre più spazio, veniamo da lì” spiega la Avallone che quando le è stato proposto da Di Consoli di scrivere questo inedito non si sentiva all’altezza. “Mi sembrava una follia. Ho lavorato molto con le biografie delle vittime e con le immagini e riprese di Rai Teche. Un materiale insostituibile, prezioso, che ho visionato con cura. Ho cercato le parole utili per servire questa storia e la memoria. Ho ricostruito l’Italia degli anni Ottanta, la musica che si ascoltava, il modo in cui ci si vestiva, programmi come Fantastico. Quale Italia è stata colpita quel giorno? I filmati sono molto forti e preziosi per capire cosa è stato distrutto.
    Un’Italia antica ma proiettata verso un cambiamento, che voleva liberarsi dagli anni di piombo. Una volontà di serenità e una voglia di novità colpita al cuore” dice la scrittrice che ha fatto un sopralluogo al binario 1, ha ascoltato il silenzio della stazione, è andata a rivedere la lastra di marmo, davanti alla quale si è sempre fermata, con i nomi delle vittime di cui adesso conosce la storia.
    “Per misurare l’orrore che è stato compiuto. per chiedere a gran voce giustizia bisogna entrare dentro le vite spezzate quel giorno. Ho dialogato al telefono con le i parenti delle vittime, ci siamo scritti . Molte persone non hanno più nessuno in vita, che almeno abbiano noi!” dice la Avallone.
    “Quello che è accaduto ci insegna quanto dobbiamo prenderci cura della nostra società e comunità, vigilando sempre sulla democrazia, su tutto ciò che diamo per scontato. Dobbiamo sempre partecipare al bene comune perchè siamo noi. Noi siamo la nostra società. E’ una risposta a non rassegnarsi , a fare ognuno la propria parte. Dobbiamo combattere l’indifferenza e l’individualismo che dominano nella nostra società e la rassegnazione per cui ognuno sta con il suo computer nella sua isola. Non siamo isole. Aver lavorato su una pagina del genere della nostra storia durante la pandemia mi ha fatto capire cosa significhi l’interruzione di ogni certezza e della vita normale.
    Anche se c’è una grande differenza tra un ordigno pensato e attivato e una pandemia, è comunque in entrambi i casi un momento in cui la cittadinanza attiva fa la differenza. Non sono nè ottimista, nè pessimista, sono una a cui piace sporcarsi le mani. Il 2 agosto 1980 la città di Bologna si è mossa con la massima solidarietà e partecipazione e questo dovrebbe sempre accadere” dice la Avallone che sta lavorando a un nuovo romanzo, ‘Un’amicizia’ che uscirà in autunno per Rizzoli. “Sono alla prima bozza. Per me è un romanzo speciale e interromperlo per dedicarmi al documentario sulla Strage di Bologna mi ha aiutata a terminarlo, anche se parla di tutt’altro. Bisogna avere il coraggio di mettersi alla prova”.
    Non solo scrivere il testo per il documentario ma leggerlo è stata un’esperienza che ha profondamente segnato la Avallone: “e’ una lettura sincera, non impostata. In certi passaggi si sente la voce incrinata, arrabbiata. Parole e immagini si incontrano e scontrano. Non è un commento didascalico. Si sente raccontare la vita con immagini di distruzione e morte. E’ un viaggio nel prima e dopo l’esplosione, un tradimento enorme” dice la scrittrice che è originaria di Biella ma da 17 anni vive a Bologna, la “città della vita colpita da una pagina così buia”. (ANSA).
   

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