Nessun legame con la ‘ndrangheta da parte dei carabinieri e i pusher arrestati nell’inchiesta della Procura di Piacenza che la scorsa settimana ha portato al sequestro della caserma Levante e all’arresto di sei militari. Dai primi accertamenti della Dda di Milano, alla quale sono stati trasmessi per competenza gli atti che riguardano il capitolo sui rifornimenti di hashish e marijuana nel milanese, non risulta ci sia alcun contatto con le ‘ndrine della Locride. Anche il deposito di Gaggiano, centro alle porte del capoluogo lombardo, dove avvenivano gli approvvigionamenti delle droghe leggere, dagli accertamenti svolti non risulta gestito dalla criminalità organizzata calabrese.
L’indagine della Dda milanese è stata affidata al pm Stefano Ammendola dopo che qualche settimana fa il procuratore di Piacenza Grazia Pradella, in base ad alcune intercettazioni e a una informativa della Gdf, aveva trasmesso gli atti. Tra i dialoghi intercettati che hanno fatto ipotizzare legami con la ‘ndrangheta, c’è, per esempio, la conversazione in cui, parlando con la compagna Maria Luisa Cattaneo, l’appuntato dei carabinieri Giuseppe Montella definisce “calabresi”, “pezzi grossi” gli interlocutori di Daniele Giardino, secondo l’accusa il fornitore di stupefacente.
“È un episodio incredibile, che ha minato quello che era un presidio di legalità che invece è diventato lo spettro di attività illegali e non accettabili da parte di appartenenti a forze di polizia”. Lo ha detto il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese a Sorbolo (Parma), a proposito dell’inchiesta sulla caserma Levante dei carabinieri di Piacenza, a margine della consegna al Comune di un compendio immobiliare confiscato alla criminalità organizzata. Un episodio, ha aggiunto, che però non può “minare una grande istituzione come l’Arma”.