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Bisio-Alberti, eterni amici ma non chiedete se siamo felici

ROMA – Due uomini seduti al bar. Parlano, parlano. Intorno nessuno. Nemmeno i camerieri che dovrebbero portare da bere. Ma i due non ci badano. Parlano di tutto: mogli, figli, parenti, giovani e vecchi, avventure, tradimenti, scuola, medicina, amici, lavoro, criminalità. E non risparmiano nemmeno il figlio balbuziente di uno dei due: “piuttosto stai zitto!”, sentenzia il padre. Benestanti, hanno tutto quello che si potrebbe volere, forse anche di più. Ma niente va, secondo loro, come dovrebbe andare. E la domanda è: “Ma tu sei felice?”.

“Sia chiaro, non siamo mica noi quelli là, eh?”, precisano ridendo Claudio Bisio e Gigio Alberti, quarant’anni di amicizia, sin dai tempi della Scuola del Piccolo (fu Alberti a firmare la regia del primo spettacolo di Bisio, “Guglielma, che vita di melma”, e insieme sono “arrivati” all’Oscar con “Mediterraneo”), oggi nuovamente in scena insieme per “Ma tu sei felice?”, lettura-spettacolo dal libro di Federico Baccomo (ed. Solferino), in prima nazionale, domani, in apertura della 72/a Estate Teatrale Veronese (e poi in tournée fino a settembre con tappe anche a Forlì, Pesaro, Fermo, Rovigo, Este, Cesenatico, La Versiliana di Pietrasanta, La Spezia, Castiglioncello, Cuneo, Camogli, Ostia antica, per chiudere all’Estate Fiesolana). “Quel testo è una passione di Claudio da tantissimo tempo – racconta all’ANSA Alberti -. Con la scusa di invitarci a pranzo, un giorno mi ritrovo con lui sul divano a leggerlo tutto, mentre figli e compagne ci aspettano”. “La cosa che mi diverte di più è il cinismo dei personaggi – spiega Bisio . Baccomo è un autore con cui ho lavorato più volte, anche per The comedians su Sky. E questo è una sorta di Aspettando Godot, con due personaggi, Saverio e Vincenzo, che in attesa di un cameriere rivelano i peggiori difetti dell’uomo: maschilismo, egocentrismo, razzismo, faciloneria. Ed è scritto già tutto in dialoghi. A me raramente capita di impersonare degli stronzi, sia a teatro che al cinema. Volevo assolutamente farne qualcosa”.

Così, quando scoppia la pandemia e il lockdown, a Bisio viene l’idea di metterlo “in scena”, a distanza, in una sorta web series estemporanea sui social. Tavolino in salotto, un telo a far da blue screen e uno spritz come scenografia: le vicissitudini di questi due antieroi moderni diventano 25 episodi realizzati ognuno a casa sua con smartphone e l’aiuto delle rispettive famiglie. Da una parte il figlio ventiduenne di Bisio, Federico, che firma anche la regia. Dall’altra, la compagna di Alberti, Hanud El Jarba. “Ed è stato bello proprio averli in casa ad aiutarci”, dice Bisio. Il risultato funziona talmente bene (per le puntate c’è un apposito canale YouTube, ma anche il sito e i social di Bisio) che una volta riaperti i teatri si rilancia con una lettura-spettacolo in scena. “Chissà, più avanti potrebbe anche diventare una vera piece o un film a basso costo – prosegue Bisio -. Per ora era importante ricominciare, anche con una piccola cosa. Nelle anteprime realizzate finora siamo rimasti davvero sorpresi da quanti sforzi e inventiva, nel rispetto delle regole, stanno dimostrando organizzatori e pubblico. A Mantova hanno inventato anche il bike-in, come il drive-in ma con postazioni in sella separate da plexiglas”.

Poi si torna al testo. “E’ anche una storia di amicizia al maschile, con quel tipo di solidarietà e voglia di superficialità di alcuni uomini – racconta Alberti -. Sono due idioti e interpretarli è quasi catartico”. Finale a sorpresa da non spoilerare, ma Bisio e Alberti, sono felici? “Dipende da cosa intendi per felice – rispondono citando il testo – Se per felice intendi uno che è soddisfatto di sé, di quello che fa, ed è felice, allora no. Ma se per felice intendi uno che è soddisfatto di sé, di quello che fa, anche se non è proprio felice, allora sì. Posso dire che sono felice”.

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