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Cacciari e l'attualità di Max Weber

(ANSA) – ROMA, 15 LUG – MASSIMO CACCIARI, ”IL LAVORO DELLO SPIRITO” (ADELPHI, pp. 118 – 13,00 euro) – MAX WEBER, ”LA BORSA” (MARIETTI, pp. 160 – 15,00 euro – traduzione di Vito Punzi).
    Da Socrate a Nietzsche e i nomi sino a oggi sono infiniti si è elogiata l’arte di contraddirsi, perché solo contraddicendosi si può cercar di capire le contraddizioni che sono sostanza del mondo e della vita e Massimo Cacciari, per parlarci della nostra situazione odierna e intravedere le possibilità di azione, fa sue e analizza due storiche e attualissime conferenze che Max Weber tenne durante e alla fine della prima guerra mondiale (1917 e 1919) che partono dalle contraddizioni della società di allora, che forse oggi sono anche più aspre e evidenti.
    Il suo invito è a ragionare su come conciliare al meglio il pensare e l’agire e poi a riflettere sul rapporto tra libertà individuale e l’idea di potere e dominio che accompagna la politica e l’essere umano, arrivando a individuare nel potere finanziario e della tecnica i peggiori condizionamenti di cui la politica deve cercare di liberarsi. Come si può capire da questi minimi accenni, Max Weber è più che mai di attualità e quindi, non a caso, contemporaneamente al libro di Cacciari arriva in libreria ”La borsa”, saggio di Weber del 1896 accompagnato da una introduzione del sociologo Franco Ferrarotti.
    Quest’ultimo saggio è incentrato sulla Borsa valori quale simbolo del capitalismo e vista comunemente come qualcosa di fraudolento e che sfrutta il lavoro altrui. Weber anche qui evidenzia le contraddizioni e spiega che gli scambi commerciali possono contribuire a creare come a distruggere i valori culturali, così come avevano demolito le fondamenta del patriarcato, creando tuttavia nuove opportunità per i salariati agricoli. In modo analogo, la stessa borsa ha facilitato l’espansione del mercato e ha consentito, al tempo stesso, nuove forme di criminalità e abusi.
    Max Weber (1864-1920), sociologo, economista e storico tedesco, figura centrale della cultura europea tra Otto e Novecento, insegnò nelle Università di Friburgo, Heidelberg, Vienna e Monaco. Nel 1904 compie un importante viaggio negli Usa e durante la Grande guerra è direttore di un ospedale militare.
    Partecipò alla fondazione del Partito democratico tedesco e contribuì alla stesura della Costituzione della Repubblica di Weimar.
    Per Ferrarotti, che ricostruisce i rapporti e le letture che la cultura italiana ha fatto di Weber, dove, ”tramite Croce, è stato principalmente sfruttato come asperrimo critico del parlamentarismo, tacendo su tutto il resto”, questi ”potrebbe definirsi l’incarnazione sociologica del Tonio Kroger di Thomas Mann, il contraddittorio personaggio di padre teutonico e madre mediterranea, ambiguo, diviso e conteso da due culture, vittima designata della passione, ma anche, nello stesso tempo, di un’esigenza di suprema razionalità”.
    Le due conferenze prese in considerazione da Cacciari prendono le mosse dal progetto e la speranza che avevano animato il mondo della grande cultura borghese dalla metà del Settecento e avrebbero costituito il filo conduttore del pensiero rivoluzionario successivo, da Feuerbach a Marx. Il ”lavoro dello spirito” cui si intitolano è quello creativo, autonomo, quello che affranca dalla condizione di lavoro comandato, dipendente, e cioè alienato. Il problema è il suo dissolversi nella forma capitalistica di produzione, nel predominio del macchinismo positivista che finisce per fagocitare quella Scienza che pure è l’autentico motore dello sviluppo e finisce col delegittimare la stessa promessa di liberazione dell’autorità politica. L’interrogativo centrale è se tra Scienza (ovvero conoscenza) e Politica sono ancora possibili relazioni che ci affranchino dal procedere senza mete né fini del sistema tecnico-ðeconomico? Ci sono oggi politici di vocazione in grado di contraddire l’economico, di esserne potenti interlocutori? Cacciari allora scrive che se la democrazia sarà la cena del conflitto tra i valori dei politici demagoghi, animati da irrazionali convinzioni di cui solo si sentono responsabili, la distinzione tra etica della professione e politica si trasformerà in separazione assoluta: ”Da un lato la scienza ‘concentrata’ su se stessa, dall’altro la volontà di potenza del politico, disposto a decidere senza conoscenza della realtà, senza calcolo delle conseguenze del suo agire”. (ANSA).
   

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