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Fmi, il Pil dell'Ue calerà del 9,3% nel 2020

Il prodotto interno lordo dell’Unione Europea calerà del 9,3% nel 2020 per crescere del 5,7% nel 2021. Lo prevede il Fondo monetario internazionale (Fmi), sottolineando che il pil tornerà “ai livelli del 2019 solo nel 2022”. Per diversi paesi Usa la strada della ripresa sarà più difficile che in altri e molto dipende dalle condizioni cui cui sono scivolati nella crisi del coronavirus. “Le forti divergenze nelle condizioni iniziali si tradurranno probabilmente in una ripresa disomogenea a livello europeo”, spiega Poul Thomsen del dipartimento Europea dell’Fmi.

L’economia europea continua ad aver bisogno di aiuto: “il sostegno di bilancio resta vitale” ma con il passare del tempo le risorse “diventeranno risicate” e per questo “è il momento di guardare avanti e rivalutare come meglio usare il limitato spazio di bilancio”. Lo afferma Poul Thomsen del Dipartimento europeo dell’Fmi.Fmi

Gli obiettivi per l’Europa sono due: salvare vite umane e “assicurarsi che l’Europea emerga con un’economia più verde e sicura per il lungo termine, una in cui le generazioni future possano prosperare”.

Per far fronte al coronavirus e ai suoi effetti sull’economia in Europa c’è bisogno di una “azione comune dell’Unione Europea”, con fondi concentrati sui paesi più colpiti o quelli con spazio di bilancio così da avere risultati migliori per il mercato unico ha aggiuntoThomsen sottolineando che è vitale che l’azione serva come “catalizzatore e non come sostituto per le riforme strutturali”.

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La politica monetaria in Europa deve restare “altamente accomodante”, con tassi “straordinariamente bassi e acquisti di asset che guardino implicitamente agli spread” ha precisato Thomsen secondo il quale le autorità devono assicurarsi che il flusso del credito all’economia continui. “Per ora molte banche europee hanno il capitale e la liquidità necessaria”, aggiunge Thomsen avvertendo comunque che la situazione potrebbe cambiare.

Per Thomsen infine “i paesi europei con elevato debito sono quelli che faranno le spese dell’impatto sociale” degli effetti del coronavirus sull’economia. “Per decenni diversi diversi paesi hanno visto il loro con elevato debito aumentare in periodi difficili e stabilizzarsi, ma non calare, in periodi buoni”, mette in evidenza Thomsen. Questo mostra debolezza nell’affrontare “mancanze strutturali che sia per rigidità istituzionale o insufficiente volontà politica.
Questo si è tradotto in un’elevata disoccupazione ed emigrazione, soprattutto fra i giovani”.
   

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